Enrico Ruggeri, una canzone per Chico Forti: «Il pubblico si è commosso»

Enrico Ruggeri, una canzone per Chico Forti: «Il pubblico si è commosso»
Enrico Ruggeri, una canzone per Chico Forti: «Il pubblico si è commosso»
di Fabrizio Zampa
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Giovedì 18 Febbraio 2021, 19:41 - Ultimo aggiornamento: 19:45

Nel marzo del 2019 è uscito l’ultimo album di Enrico Ruggeri, cantautore milanese, 63 anni. Si chiamava Alma, cioè anima, soul, lui lo definiva «uno del progetti più importanti della mia vita» perché l’aveva fatto senza seguire le attuali regole del mercato, cioè usando solo strumenti suonati dall’uomo, senza computer né elettronica, «come ai tempi in cui si facevano le prove in cantina con la rockband». Adesso è in circolazione da poco più di un mese L’America, un singolo dedicato all’incredibile disavventura di Chico Forti, trentino, annata 1969, velista, campione di windsurf e produttore televisivo che faceva base a Miami e che nel 2000, cioè più di vent’anni fa, fu condannato all’ergastolo per l’omicidio di Dale Pike, figlio di Anthony Pike, dal quale Forti stava acquistando il Pikes Hotel a Ibiza. Per chi non ha seguito la vicenda, Dale Pike venne trovato assassinato sulla spiaggia di Sewer Beach, Miami, ma Chico, che fu accusarto del delitto, si è sempre dichiarato innocente e da allora è in carcere. Il 23 dicembre scorso è stata accolta l’istanza che gli permetterebbe di tornare in Italia, ma al momento è ancora detenuto al Dade Correctional Institution in Florida.

 

«L'America è troppo lontana, eppure io sono al suo interno, la barca che sta sulla riva sbagliata… L'America è un treno che passa, eccolo e via», dicono gli ultimi amari versi del brano. «Io ho un mio studio, sto lì, scrivo canzoni, e un giorno davanti a un foglio bianco, quando ho sentito la notizia dell’accoglimento dell’istanza per il suo trasferimento in Italia, ho buttato giù un pezzo sulla storia di Forti – dice Ruggeri. – Un giorno l’ho fatto sentire allo zio di Chico, Gianni Forti, che si batte da vent’anni per la libertà del nipote.

Lui mi presentò un fumettista, Massimo Chiodelli, in arte Chiod, Chiodelli mi presentò un regista svedese, Thomas Salme, di lì nacque un video girato da Salme e con i disegni di Chiod, e a gennaio è uscito il singolo”. (non ve lo perdete, lo trovate a questo link: https://youtu.be/_n3LtGsg4gI)

E’ da sempre che la musica si batte per segnalare le ingiustizie (vedi Bob Dylan, che nel lontano 1975 scrisse Hurricane in difesa del pugile nero Rubin Carter, accusato di triplice omicidio da una giuria interamente bianca) e Enrico è stato l’ennesimo artista a seguire la stessa strada. «La canzone piace, il pubblico si è comosso e ha seguito il mio ragionamento su un’America che condanna e accusa obbligando gli accusati a dimostrare la propria innocenza in processi nei quali si è già colpevoli fin dall’inizio, ma in concreto è successo poco - dice. - Quella frase che è il nocciolo della canzone, l’America è troppo lontana ma io sono al suo interno, è stata compresa e condivisa, però senza risultati pratici. La storia di un uomo di successo, un imprenditore che si cala nel sogno americano ma assapora l’altra parte dell’America, l’incubo americano, in un paese pieno di incongruenze, dove c’è la pena di morte, dove tutti fanno le guerre, Obama compreso, e dove gli avvocati guardano solo al tuo conto in banca, non colpisce molto… insomma, il grosso pubblico ha seguito poco la vicenda di un personaggio che non ha il marchio del perseguitato».

Serve a qualcosa una difesa in musica? «Certo la canzone non ha più il peso di una volta. La guerra in Vietnam venne fermata dai cantanti, da John Lennon su quei letti d’albergo di Amsterdam e di Montreal, ma oggi la musica, che un tempo muoveva enormi flussi di opinione, conta molto meno. Però è anche vero che ci sono delle coscienze ancora vive per le quali, magari, certi anticorpi o un pizzico di poesia su un problema sono importanti. Quando ero ragazzo il rock era appannaggio di una generazione, oggi ci sono settantenni per i quali il rock conta mille volte più che per i quindicenni». Certo i tempi sono cambiati, ma la speranza è l'ultima a morire, tanto che il vecchio Bruce Springsteen pochi mesi fa ha scritto un album per invitare gli americani a votare contro Donald Trump...

In attesa di riprendere i suoi live, Ruggeri durante i lockdown ha anche scritto un romanzo, Un gioco da ragazzi, la storia di tre fratelli milanesi cresciuti nel boom economico del dopoguerra, travolti dalla tempesta  del Sessantotto e dalla bomba di piazza Fontana, e andati avanti tra politica (due sono diventati terroristi, uno rosso e uno nero), musica, amori furiosi e una passione che non si spegne fino all'ultima pagina. Aspettando i prossimi concerti di Enrico (ne ha fatto qualcuno online, come tempo fa a Ferrara, e spera di tornare presto nel teatri) potete sempre passare qualche piacevole ora leggendolo…

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