Baglioni 70, le mille vite del "Signor Cuori Infranti" che il 2 giugno celebra con un live show al Teatro dell'Opera di Roma (in streaming)

Baglioni 70, le mille vite del "Signor Cuori Infranti" che il 2 giugno celebra con un live show al Teatro dell'Opera di Roma (in streaming)
Baglioni 70, le mille vite del "Signor Cuori Infranti" che il 2 giugno celebra con un live show al Teatro dell'Opera di Roma (in streaming)
di Totò Rizzo
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 12 Maggio 2021, 07:13 - Ultimo aggiornamento: 13 Maggio, 09:25

A ben pensarci, Claudio Baglioni, splendido settantenne (domenica prossima il compleanno), la sua prima, vera rivoluzione l’ha fatta a 30 anni. Ostaggio da due lustri del cliché del Cantante dei Cuori Infranti che pure lo ha consacrato al successo, che fa nel 1981?

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Sforna “Strada facendo”, piccolo capolavoro di concetto e musica, il suo album cantato più a squarciagola durante i concerti (“Via”, “Ragazze dell’Est”, “Vecchi”, “Fotografie”). Magliette fini e passerotti, kaputt. In verità, nelle “varie età” (per citarlo dal nuovo disco) di questa carriera lunga mezzo secolo non è che Baglioni se la sia presa comoda: ha sfidato se stesso, si è rivoltato come un guanto, ha veleggiato per più mari tematici, è passato dall’acustica all’elettronica, correndo il rischio di spiazzare lo zoccolo durissimo dei suoi fans. Ma si sa, Claudio è tenace, forse accondiscendendo più le sue radici umbre (papà maresciallo, mamma sarta) che la sua anagrafe di romano di Montesacro.

Dai bagni di folla degli stadi con giro di campo obbligatorio su due gambe o su trasporto gommato alle stornellate in coro sugli autobus metropolitani del Tour Giallo, dai megashow nei palasport saettando sui tapis-roulant da una pedana all’altra, in mezzo a musicisti e ballerini, ai porti nei quali arrivava con i due camion del Tour Rosso, apri il portellone-attacca il jack-vai! E chissà cosa riserverà il ritorno alla grandeur (188 artisti fra musicisti, coristi, danzatori e attori) in streaming il 2 giugno dall’Opera di Roma ispirato all’ultimo album, “In questa storia che è la mia”.

Il vento ha sempre soffiato dalla sua ma anche quando qualche refolo gli è stato contrario lui ha incassato riservato, dignitoso: dopo le mitragliate su “Oltre”, disco che nel ’90 fu uno shock, uno stacco traumatico dal passato, praticamente si eclissò. Dicono che perfino Lucio Dalla non riuscì a trovarlo: voleva semplicemente dirgli che “Domani mai”, tra i titoli di quell’album, era una canzone di superlativa bellezza.

Dopo tempo ricomparve e zittì tutti con le prime strofe di “Io sono qui” (“dove sono stato in tutti questi anni io, io me n'ero andato a lavarmi i panni dagli inganni del successo, a riscoprirmi uomo…”).

Proprio così. Perché fuori dai riflettori, o approfittando di essi, ha coltivato le sue passioni e si è speso per temi umanitari: la laurea in architettura per cui, curioso, in ogni posto voleva esser portato su luoghi d’archeologia industriale da risanare; l’esperienza di ’O Scia’, il festival di Lampedusa sul tema dei migranti che lo ha impegnato fino allo stremo per tante estati. Non ultima, la “mission Sanremo”, quella direzione artistica con cui in due anni ha portato sulla scena del Festival una ventata di nuovo. Ormai smarcato da se stesso, libero da residui pudori, incurante di vecchi pregiudizi: ce ne fossero, altri Signor Cuori Infranti.

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