I giovani nei musei per cultura e... premi

I giovani nei musei per cultura e... premi
di Carmelo CIPRIANI
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Sabato 2 Luglio 2022, 05:00

È tra le realtà culturali italiane più innovative Swapmuseum, progetto di condivisione culturale e di partecipazione attiva al patrimonio. A dirlo non sono solo le centinaia di utenti, in prevalenza adolescenti, ma anche l’Europa. Il 30 giugno la Commissione Europea ed Europa Nostra, organizzazione pan-europea per la salvaguardia del patrimonio culturale e naturale europeo, ha assegnato il premio “Europa Nostra Awards 2022” a trenta realtà culturali di diciotto Paesi del continente. Tre sono italiane, tra queste Swapmuseum, che si è aggiudicata la categoria “Coinvolgimento della cittadinanza e sensibilizzazione”.

Fondato nel 2015 da Elisa Monsellato e Delia De Donno, il progetto punta a coinvolgere soprattutto i ragazzi, che, in cambio della loro partecipazione, ricevono benefit culturali.
Un’idea vincente recentemente riproposta da Gaetano Piepoli, docente universitario ed ex parlamentare, con la “carta giovani a punti”: in cambio del loro impegno in progetti culturali o sociali i giovani ricevono punti convertibili in servizi come sconti in palestre, teatri, musei, librerie, cinema. Proposta che riceve plausi da più parti ma che di fatto è già pratica consolidata per Swapmuseum. Un progetto, attualmente coordinato da Elena Carluccio e da un board quasi esclusivamente femminile, che in tempi recenti, rispondendo alle logiche proprie del welfare culturale, ha abbracciato anche le dinamiche sociali, sempre più interconnesse a quelle culturali.
A raccontare il progetto è Elisa Monsellato, fondatrice e coordinatrice dell’Icom Puglia.

Come e quando è nata l’idea di Swapmuseum?

«Dopo aver lavorato alla mappatura dei musei del Salento all’interno del progetto Museoweblab, finanziato dalla Regione Puglia, ci siamo rese conto che i piccoli musei del territorio avevano bisogno di progetti per far avvicinare i cittadini, riposizionarsi nell’offerta culturale, diversificare i loro servizi. I grandi assenti negli spazi museali erano i ragazzi come dimostrato dalle statistiche sulla povertà educativa. In Puglia il 69,6% dei ragazzi non è mai andato a vedere i musei, il 75,2% non ha mai visitato siti archeologici e il 59,9% non ha mai letto un libro. Da qui abbiamo sperimentato un processo che avvicinasse questi ultimi. Swapmuseum è quindi un progetto che racconta il complicato rapporto tra i piccoli musei e i ragazzi. Abbiamo cercato di attrarre i più giovani (in particolare la fascia compresa fra i 16 e i 25 anni) ai luoghi della cultura per far sì che questi andassero a occupare un posto centrale nella loro vita sociale e quotidiana. Una volta studiati i musei, abbiamo pensato a delle attività. Le stesse sono state poi lanciate, attraverso delle call, sui social, affinché venissero intercettate dai ragazzi.

Attività non specialistiche come creare una web radio per un museo o un fumetto incentrato sui contenuti museali, fondamentali per raggiungere un nuovo pubblico. Dopo aver visitato con noi il museo scelto, dopo averne conosciuto i contenuti, i ragazzi hanno svolto l’attività all’interno dello stesso e, in base al tempo da loro dedicato, sono stati premiati con dei benefit: buoni da spendere in cultura offerti da aziende sostenitrici (librerie, teatri, cinema). Da qui il nome del progetto, Swapmuseum, laddove “swap” prevede uno scambio di tempo, creatività e premi fra ragazzi, musei e aziende al fine di innescare un circolo virtuoso in cui la Cultura premia con altra Cultura».

Cosa rappresenta per il vostro lavoro questo riconoscimento? Come pensate influirà sulle vostre attività future?

«Questo è il più alto riconoscimento ottenuto fino ad ora e ciò ci rende orgogliose del percorso (non sempre facile) condotto fin qui. Rappresenta una fonte di legittimazione perché spesso i processi innovativi come questo non vengono da subito compresi ed accolti, soprattutto in territori in cui i musei stentano ad affermare il proprio ruolo sociale. Ci auguriamo quindi di poter avere una maggiore interlocuzione con quanti si sono dimostrati più diffidenti e di poter continuare a lavorare sul processo in una dimensione europea».

Al momento siete impegnate su un altro progetto innovativo, “Viva – Tante belle cose” che ha un target diversissimo, gli over 50. Quale relazione unisce i due progetti?

«In realtà i due progetti, per quanto diversi, hanno un minimo comune denominatore: sono due azioni di welfare culturale. Hanno entrambi un forte taglio sociale e sono accomunati dalla volontà di contrastare l’isolamento di queste fasce della popolazione che per diversi motivi si ritrovano escluse dall’offerta culturale locale. Situazione peggiorata poi a causa della pandemia. Attraverso la pratica partecipativa si vuole sensibilizzare la comunità tutta, sia essa di adolescenti o di over 50, alla tutela del patrimonio culturale del territorio e allo stesso tempo si cerca di potenziare le capacità dell’individuo in quanto singolo e in quanto comunità. Entrambi i progetti si basano sulla consapevolezza che fruire attivamente la cultura accresca il benessere sociale».

Quali sono i progetti e le aspettative future?

«Ad oggi il progetto Swapmuseum ha raggiunto 61 istituzioni museali pugliesi, 670 adolescenti che hanno trascorso 22.000 ore all’interno di spazi museali e 14 aziende sostenitrici. Ci piacerebbe incrementare ancora di più questi numeri e portare il nostro progetto fuori dai confini regionali per adattarlo a nuovi contesti museali in Italia, ma anche all’estero e creare una vera e propria community di swappers internazionale».

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