I lavoratori delle note ai tempi del lockdown

I lavoratori delle note ai tempi del lockdown
di Giorgia SALICANDRO
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Venerdì 3 Aprile 2020, 15:15
Ai flash mob segnati con l'hashtag #iosuonoacasa hanno partecipato più o meno tutti, chi per salutare i propri aficionados, chi per portare un po' di gioia e speranza alleviando i dolori dell'anima alla vecchia maniera della musica. Ma finita la diretta social, la quotidianità dei professionisti delle note è tutt'altro che semplice. Tra tour saltati, nuovi dischi rimasti orfani della consueta macchina promozionale ed altri rimandati a data da destinarsi a causa dell'emergenza da coronavirus, il lavoro e il sostentamento dei musicisti sono fortemente messi in discussione. E allora, come reagiscono gli artisti salentini? Quali strategie mettono in campo per resistere a questa nuova crisi?
«Non partecipo molto alla vita social on line e sui balconi, ma sono comunque sempre in contatto con i miei follower che mi fanno tanta compagnia commenta il principe della musica popolare Antonio Castrignanò, che ha dovuto mettere in standby il nuovo album - spero soprattutto che tutto questo periodo, questo sacrificio individuale e collettivo possa fungere da reset globale ed essere un momento di riflessione utile all'umanità, a tutela della salute e della qualità piuttosto che della quantità e del profitto ad ogni costo».
Bilancia la pausa dai live con i lavori da arrangiatore il sassofonista Emanuele Coluccia, ma approfitta anche della Rete: «Sto pensando ad un crowd funding per una nuova produzione personale spiega - per i pochi allievi che se la sentono, tengo lezioni via Skype. Nel tempo che resta lavoro su me stesso, musicalmente e come forma di crescita personale. Ripenso più a fondo al valore dell'arte, al perché faccio quel che faccio».
C'è chi in questo fermo forzato prende un respiro dal calendario frenetico dei viaggi, dedicandosi alla composizione del nuovo disco da lanciare quando tutto sarà finito. «Stavamo lavorando già prima del lockdown, e stiamo continuando anche a distanza, anche se ovviamente abbiamo rallentato» spiega il leader del Canzoniere Grecanico Salentino Mauro Durante. Così anche la cantante e polistrumentista Carolina Bubbico, che su Facebook dichiara di essere «intensamente immersa nella realizzazione del mio nuovo disco».
Qualcuno, tra i più abili con la tecnologia, inizia a mettere a punto una strategia live alternativa attraverso una serie di concerti via streaming con donazione libera o a pagamento. Tra questi, il sassofonista Giovanni Chirico e il gruppo dei Kerkim. «Stiamo lavorando a sponsorizzazioni di streaming fatti con sobrietà spiega Manuela Salinaro di Kerkim - puntiamo al digitale sin da prima di questa crisi, e sicuramente ora più che mai la vedo come soluzione più logica per noi».
Ma c'è anche chi si sta attrezzando per «fare in modo che questa condizione di instabilità estrema non ricapiti» come il percussionista Vito De Lorenzi, che in queste settimane è assiduamente impegnato nella preparazione di un concorso da insegnante statale, oltre a mettere a punto il live del suo ultimo disco, Sonu, in attesa di tempi migliori. «Aspetto e spero aggiunge - che nell'attesa che tutto passi qualche creditore, come l'Orchestra sinfonica del Salento o il Teatro Pubblico Pugliese si ricordino di pagarci almeno una parte di quello che ci spetta, dal 2018 nel mio caso».
Dura anche la cantante Paola Petrosillo, che già da alcuni anni lavora nella scuola: «Se la mia sussistenza dipendesse dalla musica credo che avrei già messo il mondo sottosopra coinvolgendo tutti i musicisti che hanno perso date, stipendi, lavoro, certezze. Un vuoto sociale come questo, in Italia, andrebbe curato non con la solidarietà ma con le leggi, come ogni cosa che conta».
Su questa linea, anche molti musicisti salentini hanno scelto di aderire alla petizione #velesuoniamo lanciata a livello nazionale da Paolo Fresu, e che ha già raccolto oltre 55mila firme. Tra i promotori più attivi sul territorio, il sassofonista Raffaele Casarano patron del Locomotive Jazz Festival e il contrabbassista Marco Bardoscia. «Anche io avevo appena lanciato il mio ultimo disco, The Future is a Tree, quando ci è piombata addosso questa situazione che per molti di noi è davvero grave. Non solo abbiamo perso il guadagno dei live, ma anche quello dei dischi: sì perché solo quelli che vendiamo direttamente dopo i concerti ci portano introiti reali, mentre dal download del digitale ci spettano percentuali irrisorie. Personalmente, vengo da un periodo in cui ho lavorato molto e ho messo qualcosa da parte, ma non va sempre così. Ecco perché con la petizione #velesuoniamo vogliamo approfittare di questo momento per riaprire il discorso sui diritti e sulle tutele indispensabili. L'Italia da questo punto di vista è molto indietro rispetto ad altri Paesi come Francia, Belgio o Germania».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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