Mogol, la mia vita di emozioni in musica

Mogol, la mia vita di emozioni in musica
di Rita DE BERNART
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Lunedì 26 Luglio 2021, 05:00

Una serata di memorie e ricordi dolcissimi e struggenti. “Mogol racconta Mogol”, e la mente torna, a vibrare sulle note di una vita spesa nel tradurre in poesia e parole i sentimenti, le ansie, gli amori e i tormenti di ognuno di noi. Grandi emozioni che affiorano dai testi che hanno accompagnato e continuano ad accompagnare l’esistenza di intere generazioni. Complici il mare, pure custode infinito di intime battaglie, e la luna piena in una Gallipoli lontana dal caos, bella e sorniona. 

Il maestro Giulio Rapetti, Mogol, autore di centinaia tra i più bei brani della musica italiana, si è raccontato così sul palco del Grand Hotel Costa Brada, con semplicità, ironia e un tono caldamente empatico e confidenziale con il suo pubblico. Aneddoti, episodi curiosi e la genesi di alcune delle più note canzoni interpretate da Battisti, Mango, Mina e Celentano.

«Scommetto che questa la conoscete tutti - sorride con un pizzico di autocompiacimento - ma quando ve la spiegherò finalmente potrete dire di averla davvero compresa e conosciuta».

Una vita di successi

Un successo senza tempo il suo: 523 milioni di dischi venduti in tutto il mondo, l’incontro artistico con il regista Bertolucci e con il duca bianco David Bowie che ha inciso in italiano un testo di Mogol sulle note di “Space Oddity” diventata appunto “Ragazzo solo, ragazza sola”.
«Quel testo lì era troppo triste – racconta – troppo spoglio, e l’ho rivisto scrivendo la storia di queste due anime affini. Non avrei mai immaginato che Bowie la incidesse così in italiano». Poi ne sono nati anche un libro e un film.

L'amico di sempre: Lucio Battisti

Il sodalizio e l’amicizia eterna con Lucio Battisti, gli amici di sempre, i figli, gli amori, quelli duraturi e quelli effimeri brevi eppure indimenticabili. I suoi testi raccontano storie autobiografiche e grandi passioni; l’amore cantato come bene salvifico. Inizia a scrivere seguendo le orme del padre, per guadagnare qualcosa, poi apprende una tecnica che diventa arte. Ma cosa sognava di fare da grande Giulio bambino?

«Da piccolo – racconta – ero un bimbo irrequieto e iperattivo, poco interessato allo studio e ai libri, la maestra faceva fatica a farmi tenere l’attenzione, per me era prioritario ciò che mi passava sotto gli occhi, che fosse una carta o un insetto. Questo mi ha portato ad avere una bassa considerazione di me rispetto a compagni, ero convinto di non essere all’altezza, era un cruccio enorme e la preoccupazione più grande per il mio futuro era di non riuscire a sopravvivere quando i miei non ci sarebbero stati più».

Poi la svolta, per arrivare a fine mese inizia a comporre almeno due, tre canzoni al giorno, “per qualche spicciolo”. Infine l’incontro fortunato con Battisti e poi la scuola di musica per giovani artisti che lo porta a tenere lezioni anche negli Stati Uniti. «Ho imparato tanto da Lucio – continua - lui era un analitico, studiava a fondo ogni cosa fatta dagli altri. E a pensarci è questo che ci fa diventare grandi, studiare profondamente gli altri, capirli, ci porta a diventare parte di loro e apprenderne le doti. Così si diventa grandi». A Lucio è dedicata “L’Arcobaleno”, ballata interpretata da Celentano, nata da un episodio che porta Mogol all’incontro con una medium. “Devi scrivere questo testo” gli manda a dire Battisti; lui, scettico, rifiuta finché durante un viaggio in auto con il figlio vedendo proprio un arcobaleno riconosce la presenza dell’amico. «L’arcobaleno è il mio messaggio d’amore.

Può darsi un giorno ti riesca a toccare. Mi manchi tanto amico caro, davvero…».

La serata a Gallipoli inizia con “Se stasera sono qui” scritta con Luigi Tenco di cui traccia un ricordo sincero e commosso. Si racconta, canticchia, si complimenta con l’orchestra e si scioglie su “Il nastro rosa” cantando e ballando come un giovane ottantaquattrenne nel pieno delle sue energie. 

Gli amori e le donne

Sincero e schietto sulla sua vita scanzonata, vissuta a tratti con leggerezza inseguendo libellule, note e belle donne, conosciute e amate anche solo con uno sguardo. Tante le sue canzoni dedicate a donne realmente esistite e fra tutte una avrebbe voluto gli fosse dedicata: la mente torna lì. «Avevo quasi dimenticato di aver scritto quel testo - dice - quando l’ho ascoltata alla radio, una radiolina che mi aveva regalato la mia prima moglie, sono rimasto incantato dalla sua bellezza, poi me ne sono ricordato».

Il pubblico, a bordo piscina, ascolta affascinato. L’incontro è stato organizzato dalla direzione del Grand Hotel Costa Brada; i brani sono stati eseguiti dal Beppe Delre Open 5tet, mentre lo spettacolo è dell’Associazione Orchestra Filarmonica di Lecce con la direzione artistica di Maurilio Manca. «Dopo mesi di chiusure, è stato un momento di condivisione importante al suono della più bella musica italiana – commenta il direttore generale della struttura Anio Iannuzziello - questa iniziativa ha anche come scopo di unire l’ascolto di un importante passato musicale al ricordo dei migliori anni trascorsi».

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