Pina Turco al Giffoni Film Festival: "Dopo Gomorra comando io"

Pina Turco
Pina Turco
di Alessandra De Tommasi
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Venerdì 30 Luglio 2021, 21:06 - Ultimo aggiornamento: 21:11

Grintosa, decisa e piena d’energia: Pina Turco è quella che si definisce una “donna alpha”. Questa splendida artista 36enne di Torre del Greco, laureata in antropologia culturale, arriva al Giffoni Film Festival con gli occhi inondati di emozione, dopo un anno di grandi soddisfazioni professionali, che include la versione tv di Natale in casa Cupiello di Sergio Castellitto. E a dicembre la vedremo su Rai Uno con Non ti pago, secondo film della trilogia dedicata a Eduardo De Filippo. Da mamma di un bimbo di quattro anni, è affascinata da questo evento culturale che chiama “baluardo e polo culturale” dell’infanzia e non solo.

Qual è stata la sua iniziazione al cinema?
Ho cominciato a 18-19 anni perché uno dei miei migliori amici, un esperto d’arte appassionato di cinema mi ha insegnato a leggere i fotogrammi, a vedere i film e a capirli. Grazie alla sua pazienza è iniziato un viaggio, con Novecento di Bernardo Bertolucci e proseguito con Mamma Roma di Pierpaolo Pasolini fino a Ingmar Bergman, per poi iniziarmi al cinema omosessuale degli Anni Ottanta che amo molto.

E lei?
Io m’immaginavo come la versione bruna di Grecia Colmenares, sognavo di andare a Caracas a girare soap opera e a dire il vero è ancora il mio sogno. Prima mi vergognavo a confessarlo, ora no perché è un desiderio puro e gli do voce.

Da dove viene tanta saggezza?

Una cugina mi ha raccontato la storia di un’orfana tedesca che oggi vive a Ischia come lei e veniva dalla povertà vera, nata tra i pidocchi, e che oggi campa da milionaria.

Mi ripeteva: “Non ti preoccupare, esprimi ad alta voce quello che vuoi e l’universo ti ascolterà. Andrà tutto bene”. E ha ragione.

Cosa le dà gioia di questi tempi?
La vita familiare perché durante il lockdown ho avuto tempo e modo di stare di più con il mio bambino che in qualche modo è uno dei figli della pandemia e ha subito gli effetti di questa mancata socialità. E sono felice anche dal punto di vista professionale perché scelgo persone che mi fanno sentire amata. Magari lavoro meno ma meglio.

Il consiglio che ricorda con maggiore affetto?
Il mio professore di filosofia mi ha detto qualcosa che all’epoca non ho capito: “Per essere felice fai quello che sai fare”. Non avrei potuto iscrivermi a danza classica perché pesavo 30 chili in più ma ho capito che ognuno deve stare nel posto che gli appartiene. L’inadeguatezza è ciò che fa davvero male.

Rimpianti?
Ho fatto tanti errori, nella vita e nel lavoro, ma ora sono più selettiva.

Prossimo desiderio?
Ci sto lavorando, voglio occuparmi di un progetto che mi coinvolga in un ruolo neomelodico, non in senso vocale ma come substrato culturale.

Si è affrancata dall’etichetta di “moglie di” Ciro di Gomorra?

Quel ruolo è stato deflagrante, lo so, ma mi ha fatto sempre sentire un’appendice. Certo, qualcuno dice: “Sei la moglie del regista Edoardo De Angelis”, ma quella è una sceneggiatura che ho scelto io.

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