«Lolita: ha le mie stesse passioni, ma non sono io»

«Lolita: ha le mie stesse passioni, ma non sono io»
di Valeria BLANCO
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Mercoledì 1 Febbraio 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 21:06

Una, nessuna, centomila. Di lei si parla sempre più spesso: estremamente prolifica, Gabriella Genisi ha regalato al panorama letterario (e televisivo) italiano lo straordinario personaggio del vicequestore Lolita Lobosco, per sempre legato al volto di Luisa Ranieri. Con Lolita, poliziotta su tacchi Louboutin, Genisi dipinge una donna moderna in cui è facile identificarsi: né madre né moglie, tanto forte da essere a capo di una squadra di soli uomini, ma anche dotata di un animo sensibile. E c’è anche Chicca Lopez, carabiniera salentina: quattro gli episodi della saga e diritti già opzionati per la realizzazione di una serie che promette di bissare il successo di quella in onda in queste settimane sulla Rai. Lolita però è la protagonista indiscussa: ultimamente impegnata a risolvere il caso de “Lo Scammaro avvelenato”, dal titolo dell’ultimo libro. E chissà quanti altri casi di omicidi le vedremo ancora risolvere, visto il grande successo di libri e serie Tv, tanto che ormai a Bari sono nati percorsi turistici ad hoc sui luoghi di Lolita. Un po’ come era avvenuto con l’avvocato Guerrieri di Gianrico Carofiglio e come avviene tuttora nella Sicilia di Montalbano. Gabriella Genisi, al “miracolo” letterario a cui ha dato vita, fatica ancora a credere. Oggi pomeriggio ne parlerà a Lecce in un incontro con i lettori che terrà alle 18 all'interno della libreria Liberrima.

Genisi, com’è cambiata la sua vita grazie a Lolita?

«È cambiata radicalmente da due punti di vista: da un lato, l’ingresso nell’editoria nazionale ha fatto diventare la scrittura un lavoro.

Così, mentre prima avevo ritmi lenti e non volevo sottostare a orari o scadenze, ora sono obbligata a rispettare le consegne. Dall’altro lato, ora cammino per strada e tanta gente mi riconosce e mi sorride».

Una poliziotta e una carabiniera: le sue donne sono moderne e non convenzionali.

«Quando ho “inventato” Lolita, nel 2006, volevo attualizzare il canone letterario: nella letteratura poliziesca esistevano solo commissari maschi, sebbene nella realtà le donne poliziotto esistessero dagli anni ‘80. Poi Lolita è entrata nel cuore degli italiani ed è diventata ingombrante: sentivo che mi stava schiacciando come autrice e mi è venuta voglia di staccarmene un po’: così è nata Chicca Lopez, un personaggio giovane e gender fluid».

Da Bari al Salento: perché il cambio di location?

«Mi piaceva restare in Puglia, ma raccontarne in chiave cupa e ancestrale una parte che conosciamo di più per il sole e per il mare. Nel prossimo episodio, in lavorazione, l’ambientazione sarà quella di Castelforte di Taviano, luogo che, nelle ricerche di preparazione, ho scoperto essere legato alla scomparsa del piccolo Mauro Romano, a cui si farà riferimento».

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Quanto c’è di Gabriella Genisi nei suoi personaggi?

«Non ci sono tratti autobiografici, ma mi sento più vicina a Lolita e non solo per motivi anagrafici: le sue passioni sono le mie, come quella per le macchine cabrio, il mare e la cucina. Anche se poi io sono mamma e nonna, molto proiettata sulla vita familiare, mentre Lolita è una donna in carriera».

Una donna sempre su tacco Louboutin: come mai questo vezzo, che ricorda Carrie di “Sex and the city”?

«La marca è un caso: volevo rappresentare Lolita in maniera femminile e marcare la distanza dal look androgino delle donne che si vestono da uomo sul posto di lavoro. Ho comprato un paio di Louboutin a Parigi, ma è stato un acquisto incauto: troppo alte, non sono mai riuscita a indossarle e allora le ho “prestate” a Lolita».

Dalla carta allo schermo, i personaggi subiscono piccole e grandi modifiche: come vive questa rielaborazione?

«La vivo benissimo perché non sono una sceneggiatrice. Credo sia una grande opportunità perché ha permesso al personaggio di essere conosciuto da milioni di persone e questo porta a me anche nuovi lettori. È un arricchimento, un’operazione positiva».

Qual è il suo rapporto con i social?

«Li uso tanto, mi hanno consentito di creare una comunità di lettori che mi segue e mi sostiene dal primo libro. La mia rete sono loro che hanno sempre creduto in me e io ho cercato sempre di non deluderli. Il nostro legame si alimenta proprio attraverso i social su cui parliamo di tutto: arte, viaggi e libri, miei e di altri».

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