Morto Franco Battiato, la musica italiana piange il maestro di Catania

Morto Franco Battiato, la musica italiana piange il maestro di Catania
di Federico Vacalebre
5 Minuti di Lettura
Martedì 18 Maggio 2021, 07:59 - Ultimo aggiornamento: 19 Giugno, 10:37

«Seduto sotto un albero a meditare/ mi vedevo immobile danzare con il tempo/ come un filo d'erba/ che si inchina alla brezza di maggio/ o alle sue intemperie». Serve l'incipit di «Haiku», antico inno al silenzio e perla del suo repertorio «santautorale», per dire addio a Franco Battiato, anche la notizia della sua morte l'ha data Franco Spadaro, direttore di «La civiltà cattolica», citando, inevitabilmente, i versi di «La cura»: «E guarirai da tutte le malattie Perché sei un essere speciale Ed io, avrò cura di te. Ciao, Franco Battiato».

La lunga malattia 

Non è guarito dalla malattia che l'aveva portato via dalla canzone, dalla parola, dalla sua Sicilia Franco Battiato da Riposto (allora Ionia), in provincia di Catania, dov'era nato il 23 marzo 1945.

E la sua assenza apre ferite mai rimarginate, scuote il mondo in estinzione della canzone d'autore storica italaian. Oggi risuoneranno le sue canzoni, si dirà, ed era vero, che per molti di noi è stato e resterà un «Centro di gravità permanente» e che nessun j'accuse scosse l'Italia berlusconizzata quanto il suo lancinante grido di «Povera patria», come quello sconsolato sguardo su una primavera che tardava ad arrivare.

La lunga carriera tra pop e folk

Lo ricorderemo come un Giano Bifronte della nostra cultura popolare - alzati, che sta passando la canzone popolare, quella che segna nel corpo una nazione, non quella delle cofecchie d'accademia e degli happy few sempre happy e sempre più few - insieme sperimentale e pop, alternativo e mainstream, autore e interprete (cos'era quando intonava i lied, «Amore che vieni, amore che vai», «Ruby tuesday», «La chanson de vieux amants» e, soprattutto, «Era de maggio»). Nel bombardamento dei coccodrilli senz'anima si racconterà di come si abbia permesso di tenere insieme la ricerca dello spirito («Un oceano di silenzio») con quella dell'amore terreno anzi carnale («Tra sesso e castità», «La cura»), il pop più raffinato e sospeso («E ti vengo a cercare») col rock più corposo e d'impatto («Shock in my town»).

L'addio di Giuliano Sangiorgi che cita "La cura"

L'indimenticabile esibizione alla Notte della Taranta

 

Ospite del concetone di Melpignano nel 2004, Franco Battiato volle cimentarsi con uno dei pezzi simbolo del Salento, "Quannu te llai la facce". Un inno all'amore e alla musica folk. A presentare il "grande signore del Sud" fu l'ex leader del Csi Giovanni Lindo Ferretti.


Uno, nessuno e centomila come il corregionale Pirandello, Battiato ha sfidato «Il vuoto» e «I giorni della monotonia», alieno nella routine canzonetttara sin dai titoli, dei dischi, delle canzoni. Convinto, come i filosofi della Magna Grecia a cui era fiero di appartenere, che «Niente è come sembra» ha recuperato la filosofia sicula in «Il cammino interminabile» come l'esplosione futurista in «Strani giorni». I testi delle sue canzoni, non solo quelli firmati da Manlio Sgalambro, sono ricchi di citazioni/allusioni/giochi di parole quanto un libro di Eco, si muovono tra filastrocche leggerissime («Cuccurucucu», «L'era del cinghiale bianco»), la leggerezza convive con la profondità, il piacere epidermico con la colta consapevolezza di un ex avanguardista convertito alla comunicazione popolare, le melodie sottili ma inesorabili
con improvvisi rovelli elettrici e/o segni del futuro digitale prossimo venturo.

Lui, che cantava seduto nella posizione del loto su un antico tappeto persiano, ha provocato il mondo da cui veniva (le avanguardie) con la filastrocca delLe Mav restano sul palco anche per l'intermezzo di Manlio
Sgalambro, svagato filoso-chansonnier-imbonitore che presta la sua poca voce
ai versi di «L'anima dolorante di Nietzsche» mentre le ragazze
sardo-londinesi imbastiscono una sconclusionata sintonia sonica memore dei
muri di chitarre di Glenn Branca e dei Sonic Youth prima maniera.
Il finale è trascinante, con gli hit più attesi, così vicini, così lontani
dal Battiato che oggi si sente più regista (d'élite) che musicante di massa,
eppure, o forse proprio per questo, lascia che i suoi fans si delizino
seguendo il volo de «Gli uccelli», sventolino con lui «Bandiera bianca» e
salutino la luna piena nel cielo con un ritornello inesorabile: «È
bellissimo perdersi in questo incantesimo».

È morto Franco Battiato. Cantautore, compositore, musicista, regista e pittore, aveva da poco compiuto 76 anni. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA