"Qcine 2019": Arbore, De Crescenzo e gli scherzi... culinari

"Qcine 2019": Arbore, De Crescenzo e gli scherzi... culinari
di Francesco DI BELLA
5 Minuti di Lettura
Domenica 25 Agosto 2019, 13:08
«Luciano? No, non era un gran buongustaio. Mangiava con ingordigia, e noi gli facevamo gli scherzi più atroci».

Parte subito con gli aneddoti, Renzo Arbore, quando gli si chiede quale fosse il rapporto tra il suo amico De Crescenzo e il cibo.

«Ma poi perché questa domanda?», chiede.

Perché a Luciano De Crescenzo, il filosofo della napoletaneità (ma anche scrittore, regista e attore) scomparso troppo presto poco più di un mese fa, è dedicato il Qcine 2019, la nuova edizione (l'ottava) della festa del cinema da mangiare che si terrà a Campomarino di Maruggio, nel Tarantino, dal 30 agosto al 1° settembre. Una manifestazione, diretta dal produttore cinematografico Alessandro Contessa e dallo sceneggiatore e regista Luigi Sardiello, che affianca cinema e gastronomia e che, tra le altre cose, proietterà in piazza anche Il mistero di Bellavista, il film diretto e interpretato da De Crescenzo per il quale lei, Arbore, fece le musiche.

«Beh, sì. Luciano metteva spesso la mia musica. Con lui ho fatto due film, Il Papocchio e Ff.Ss., cioè che mi hai portato a fare sopra a Posillipo se non mi vuoi più bene?, ma anche per gli altri film Luciano si consultava sempre con me. Il primo Bellavista l'ho vissuto praticamente tutto».

Nel Mistero di Bellavista uno dei protagonisti, se così si può dire, è il ragù che una donna sta preparando quando resta vittima di omicidio...

«Ovviamente Luciano aveva gusti napoletani e quindi inseguivamo sempre il ragù; così come inseguivamo la genovese che è un piatto napoletano anche se molti non sanno che non ha niente a che vedere con Genova. E' un piatto napoletano importantissimo, fatto con la cipolla e il lacerto. Adesso è stata riscoperta dai napoletani, la fanno in tutti i ristoranti più importanti. E Luciano mangiava ovviamente la genovese e tanti altri piatti napoletani. Però mangiava con molta voracità, così noi un giorno, per scherzo, facemmo preparare da un cuoco una cotoletta di cartone e lui se la mangiò. Era ovviamente cartone mangiabile, però Luciano aveva talmente fame ed era talmente impaziente quando aveva fame, che mangiò tutto quello che i camerieri gli portavano».

Uno scherzo cattivello, alla Amici miei per restare in tema cinematografico...

«Sì, e non fu il solo. Altre volte quando lui ordinava dei piatti, ci mettevamo d'accordo con i camerieri e glieli facevamo passare vicino, ma poi andavano da altri».

De Crescenzo, quindi, non era un buongustaio. E lei, invece?

«Il mio rapporto con il cibo è un rapporto antichissimo, nel senso che da Foggia io mangiavo tutto. Noi abbiamo fatto il dopoguerra e quindi anche la fame e dovevamo mangiare per forza tutto quello che si riusciva a trovare, dai piatti popolari tipo pancotto, rucola e patate che è un piatto contadino proprio di Foggia, ai piatti con la farina di piselli, la farina di uova... Però poi ho imparato a cucinare e naturalmente la cucina pugliese e quella napoletana sono le due cucine da me preferite».

Si dice che lei abbia dei pusher abituali che la riforniscono di materie prime pugliesi...

«Altroché. Nel mio frigorifero ci sono sempre i lampascioni, le lumache e spesso anche, congelato, c'è riso patate e cozze. Me lo portano e io lo congelo, così poi quando ho voglia mangio riso patate e cozze come se fossi in Puglia. Poi ovviamente ci sono le cime di rapa, le orecchiette. Per Altamura ho inventato una manifestazione, per le donne in del posto, che si chiama l'orecchietta più veloce del West. Facevano a gara, le signore, all'aperto, a chi riusciva a fare più orecchiette, e alla fine quella più veloce vinceva il premio. Insomma, mi diverto con il cibo, quello pugliese ma anche quello napoletano».

Sempre tra cinema e gastronomia, lei ha anche partecipato al film Focaccia Blues, prodotto peraltro dallo stesso Alessandro Contessa...

«Come no, Focaccia Blues con Lino Banfi, una bellissima storia. La focaccia pugliese adesso fortunatamente viene anche esportata, si trova nei supermercati. Allora invece facemmo un film per lanciarla, la nostra pizza, quella alta con i pomodori, qualche volta i capperi. Ora è stata scoperta da tutti gli italiani».

Una specialità ottima e veloce...

«E' una delle cose di cui sono più contento: aver tenuto a battesimo lo street-food, il cibo di strada, che veniva sottovalutato dai gastronomi e io invece mi battevo per la sua importanza. Ora finalmente il cibo di strada è entrato nel gotha della cucina, ci sono cuochi bravissimi che lo stanno pubblicizzando. Per anni ho ripetuto come fosse un elemento fondamentale della nostra tradizione culinaria, sia a Napoli con il brodo di polipo, la carne cotta, la trippa, i centopelle, 'o pere e o musso, sia in Puglia con i ricci per strada, con le cozze, i fichi d'India... anche con quelli che noi a Foggia chiamiamo turcinielli e a Bari si chiamano gnemmarieddhi. E non dimentichiamo Cisternino con gli spiedini di carne... Diciamo che la Puglia come street-food non è seconda a nessuno. E poi non c'è solo da noi, c'è in Toscana, al nord... Anche il panino con la mortadella come si deve, che fanno a Roma benissimo. Senza fare campanilismi voglio però sottolineare che la quinta città del mondo per street-food è Palermo con la meusa, la milza, tutte quelle specialità palermitane, la frittola, le arancine di riso... Palermo è la quinta città dopo Hong Kong, dopo la Cina, che fa street-food di grande qualità».

Ne parla con grande passione, ascoltarla fa venire appetito...

«Io sono molto goloso di street food, secondo me è la via per riscoprire la grandissima tradizione italiana. Niente a che fare con l'alta cucina (ride), che io visito ogni tanto ma dalla quale resto sempre fortemente deluso».
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