Uniti a passo di danza dalle note di un violino: “We're All in the Same Dance”. Amnesty sposa il progetto nato nel Salento

Uniti a passo di danza dalle note di un violino: “We're All in the Same Dance”. Amnesty sposa il progetto nato nel Salento
di Eraldo MARTUCCI
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 22 Aprile 2020, 10:50 - Ultimo aggiornamento: 30 Aprile, 12:04
Perché la danza non finisca e la musica non si fermi mai: è l'incipit di uno dei gialli firmati da Richard Castle, in questo genere autore fra i più noti nel mondo. Un inizio originale per un thriller, ma che la dice lunga sull'eterna capacità catartica dell'arte del corpo e delle note. Invocare Dio con la danza e con il canto ha infatti origini che si perdono nella notte dei tempi, e sono riconducibili all'eterno conflitto fra le forze del bene e quelle del male. Proprio la considerazione della grandezza e della sacralità dell'elemento coreutico-musicale hanno fatto sì che già nell'antichità si ritenesse che il movimento ed il suono potessero esercitare una concreta azione sull'essere umano, giustificando quindi la sua forza terapeutica. E il fenomeno del tarantismo, al netto di tutte le credenze popolari, si riconduce nella sua essenza proprio all'uso della musica e della danza come terapia.

E se ieri serviva per contrastare simbolicamente il morso del ragno, o meglio il veleno della taranta, oggi, in piena emergenza coronavirus, questa danza diventa un inno alla vita e un antidoto alle privazioni della clausura. Tutto questo grazie al travolgente violino di Mauro Durante, leader del Canzoniere Grecanico Salentino e anima del progetto We're All in the Same Dance, insieme a Gabriele Surdo (che firma anche la video direction e l'editing) e a Silvia Perrone, danzatrice.

«La clausura mi stava opprimendo - afferma Durante - ero triste e spaventato. Seguivo le brutte notizie che arrivavano dall'esterno, e non riuscivo a concentrarmi sul lavoro lasciato in sospeso. Poi, come all'improvviso, prendo il violino e scrivo un brano. Lo registro subito, a casa mia, come meglio posso. Lo riascolto, e mi viene l'idea di fare un videoclip, coinvolgendo danzatori di vari stili e parti del mondo, che possano filmarsi dalla loro quarantena. Ne parlo a mia moglie Silvia, danzatrice, e al mio amico Gabriele Surdo, uno dei registi più talentuosi che conosco. Gabriele sente il pezzo, si innamora dell'idea e ci si butta dentro anima e corpo, trasformandola e ampliandola. In tre ci mettiamo al lavoro senza sosta, in modo quasi febbrile, sognando ad occhi aperti e viaggiando col pensiero. Centinaia di persone rispondono al nostro appello... amici, colleghi, conoscenti, ma anche persone a noi del tutto estranee. Condividono il loro tempo, i loro corpi distanti che si muovono all'unisono. Siamo emozionati, esaltati. Non siamo soli».

Al suo fianco ci sono dunque la danzatrice Silvia Perrone, trait d'union tra musica e immagine, e il regista Gabriele Surdo, che ha dato forma al videoclip realizzando un'opera unitaria e organica, partendo da oltre 10 ore di filmati girati con semplici telefonini da più di cento danzatori in tutto il mondo, in luoghi, orari e condizioni differenti, che danzano sulla stessa musica, e diventano una sola cosa: «La stessa persona, figura, come un'entità, che danza con 112 piedi diversi».

Il mix del brano è firmato dall'ingegnere del suono Francesco Aiello, altro componente del Canzoniere, che ha ricreato un suono equilibrato ed appassionato, fortemente evocativo.
«Un violino, solo, attacca un arpeggio in cui risuonano echi di musica classica, portandoci in un ambiente scuro, intimo e malinconico. All'improvviso irrompono i tamburi a ritmo di pizzica, la musica che cura, e il suono si fa grande, prova a sfondare i muri della sua intimità forzata. Dopo lo sforzo, l'esplosione: la coltre di polvere sospesa tra lo sguardo e l'olfatto si abbassa e si intravede finalmente la luce. Il suono prorompe più coraggioso, ora sfrenato e focoso. Viaggia libero, fino alla catarsi finale: la vita trionfa, sempre».
Un'idea, pensata e realizzata per sostenere la campagna #NessunoEscluso di Amnesty International, rivolta alle persone senza fissa dimora, più di altre a rischio di contagio da Covid-19.

«Nel suo passaggio dal linguaggio dell'arte a quello dei diritti, We're All in the Same Dance significa che dalla pandemia da Covid-19 potremo uscire solo se il diritto alla salute sarà garantito a ogni persona - sottolinea Riccardo Nourty, portavoce di Amnesty Inyernational Italia - se nessuno sarà lasciato indietro, se non vi saranno vite considerate sacrificabili per status, età od ogni altro motivo».
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