La pandemia però ha cambiato le carte in tavola. È ancora difficile valutare l'impatto della nuova policy e prevedere se il mercato sarà pronto ad assorbire l'offerta, ma l'impensabile si è avverato: l'ipotesi di vendere un Monet per colmare bilanci in caduta libera non è più tabù. È da metà marzo, da quando il virus ha costretto i musei alla serrata, che le preoccupazioni finanziarie sono in testa all'agenda degli amministratori.
Non sono solo i mancati introiti dei biglietti invenduti a pesare sul futuro delle istituzioni, ma anche la crisi di Wall Street che ha fatto precipitare al ribasso le campagne di raccolta fondi. Le nuove linee guida prevedono che «ogni museo che decida di usare capitali o donazioni vincolate per spese operative generali» non sarà più sanzionato. L'Associazione prevede inoltre che musei possano «usare fondi derivati dalla vendita di opere d'arte a sostegno della manutenzione delle loro collezioni». Le nuove misure sono temporanee «e non sono intese a incentivare la vendita di arte»: solo il futuro rivelerà se l'effetto sarà esattamente questo.