Earth Day 2021, per salvare la Terra ci vuole ottimismo

Earth Day 2021, per salvare la Terra ci vuole ottimismo
di Nicolas Lozito
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Giovedì 22 Aprile 2021, 08:37 - Ultimo aggiornamento: 17:01

Era il 22 aprile 1970, quando, per la prima volta, si è celebrato negli Stati Uniti l'Earth Day, il Giorno della Terra: 24 ore dedicate alla protezione dell'ambiente. Un evento oggi diventato globale che l'anno scorso ha coinvolto addirittura 100 milioni di persone con eventi online e dal vivo in quasi tutti i Paesi. E che quest'anno punta ad attirare ancora più persone (tantissimi i programmi, dalle maratone in streaming, come quella di 13 ore su RaiPlay, ai convegni, come quello della Fao e del Future Food Institute di Bologna).

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A istituirlo, cinquantuno anni fa, è stato Gaylord Nelson, senatore del Wisconsin, che era riuscito a organizzarlo sulla spinta di due emozioni contrapposte. Da una parte un disastroso sversamento di petrolio al largo di Santa Barbara, in California, che nel 1969 aveva ucciso almeno 10.000 tra uccelli, delfini e leoni marini.

Dall'altra, l'emozione incredibile e tutta nuova della prima foto della Terra scattata dallo spazio nel 1968 (dalla Nasa), che aveva fatto capire a molti quando prezioso, bello e fragile fosse il nostro pianeta.


A più di mezzo secolo di distanza la giornata della Terra rimane un appuntamento importante e decisivo. Un momento di pausa e riflessione per darsi nuovi obiettivi e fare qualche bilancio. Rispetto ai decenni precedenti, per esempio, è molto diminuito lo smog nelle città (seppure i livelli in alcune aree del mondo, Italia compresa, non siano per nulla a norma). È praticamente sparito il buco nell'ozono, grazie al Protocollo di Montreal del 1987 che ha messo al bando i gas CFC che danneggiavano il nostro schermo protettivo nell'atmosfera. Ci sono molte più riserve naturali, e le carestie si sono ridotte.


Ma non ci sono solo buone notizie. Gli oceani sono più acidi e caldi, con danni a tutti gli ecosistemi, come dimostrano le immagini delle barriere coralline bianche e senza vita. Ci sono sempre più incendi, persino in zone fredde come la Siberia, e il degrado del suolo e la deforestazione crescono senza sosta, soprattutto in Amazzonia, polmone ferito del mondo.


Siamo riusciti a salvare alcune specie animali in via di estinzione, come i panda, ma allo stesso tempo la biodiversità è diminuita. Secondo gli scienziati, almeno un milione di specie animali e vegetali è a rischio estinzione nei prossimi dieci anni a causa dell'impatto dell'uomo.

Rispetto a 51 anni fa il mondo emette molti più gas serra, il 90% in più, con un trend che non è mai diminuito veramente. Le emissioni globali di gas serra hanno raggiunto quota 51 miliardi di tonnellate e la concentrazione di CO2 nell'aria ha superato le 420 parti per milione, un dato che non si verificava da 15 milioni di anni, quando le foreste tropicali si trovavano persino vicino ai poli. La temperatura media globale è già più alta di un grado rispetto al periodo pre-industriale, e potrebbe salire anche di 3-4 gradi se non prendiamo serie contromisure.

L'accordo di Parigi del 2015 ha posto le basi per un futuro più sostenibile: i Paesi si sono dati l'obiettivo di raggiungere emissioni nette zero entro il 2050, così da mantenere l'aumento di temperatura «ben al di sotto dei 2°C». La firma dell'accordo, però, non basta perché tutti - governi, aziende e cittadini - si muovano in quella direzione.


Lo spiega Christiana Figueres, diplomatica della Costa Rica che per le Nazioni Unite ha diretto i negoziati di Parigi e che ora pubblica in Italia Scegliere il futuro (Edizioni Tlon, 216 pp; 18€; traduzione di Dorotea Theodoli).

Il libro, scritto insieme a Tom Rivett-Carnac, è un appello per sopravvivere alla crisi climatica. Un volume che in America ha conquistato i cuori di molti: da Leonardo Di Caprio a Gisele Bündchen («per favore, leggetelo» ha scritto la modella); dall'ex segratario Onu Ban Ki-Moon allo storico Yuval Noah Harari.
Azioni individuali, iniziative collettive, responsabilità politiche sono tutti tasselli fondamentali per difendere la Terra. Ma ne va aggiunto uno, sostengono gli autori: «l'ottimismo ostinato».

Il messaggio di Figueres e Rivett-Carnacc è semplice, ma anche molto diverso dal paradigma più diffuso oggi: il cambiamento climatico è la più grande sfida dell'umanità, ma non è solo una minaccia. È compito nostro trasformalo in un'opportunità per cambiare in meglio: a partire dal nostro modo di pensare noi stessi e il modo in cui ci rapportiamo alla Terra, smettendo di sfruttarla senza calcolare le conseguenze. Un cambio di passo da diffondere in questo decennio cruciale.


«Il giardino dell'Eden non esiste più. – spiega Figueres – Ecco perché dobbiamo credere nel giardino delle intenzioni: un'epoca rigenerativa per l'umanità e il Pianeta».

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