“Il colibri”. E c’è Favino in sala

“Il colibri”. E c’è Favino in sala
di Claudia PRESICCE
3 Minuti di Lettura
Domenica 6 Novembre 2022, 05:00

Dentro ciascuno di noi c’è un colibrì che volteggia tra salite e discese in picchiata. Resiste e continua la sua sorvolata imperterrita. Quello raccontato da Sandro Veronesi ha fatto il giro del mondo, e ora è tornato a volare al cinema.

Alle 19.15 al Cinema Savoia

Questa sera il protagonista del film di Francesca Archibugi tratto dall’omonimo romanzo “Il colibrì” incontrerà ancora il pubblico pugliese. Dopo la serata a Bari di ieri, Pierfrancesco Favino oggi sarà a Taranto. L’appuntamento è al Cinema Savoia alle 19.15 per il saluto in sala alla fine dello spettacolo delle 17.15, e subito dopo all’inizio dello spettacolo delle 19.30. 

Favino si è calato nei panni del protagonista con la dedizione che riserva ai suoi ruoli, senza se e senza ma, ricreando intorno a sé l’aria di un’altra vita, di un altro uomo. Ha detto di questo lavoro: “La vicenda di quest’uomo ci riguarda tutti, per l’idea di tenersi stretto ciò a cui teniamo, resistendo di fronte agli incidenti della vita”. 

Il percorso cinematografico di Favino racchiude pellicole molto amate come “Romanzo Criminale”, “Saturno Contro” di Ferzan Ozpetek, “Il traditore” di Marco Bellocchio presentato in concorso alla 72esima edizione del Festival di Cannes che gli ha regalato un consenso internazionale. Ma la sua storia è ricchissima di premi e di consensi della critica.

Tratto dal romanzo Premio Strega 2020

Ma torniamo al “colibrì”. Vincitore del Premio Strega 2020 il romanzo di Sandro Veronesi (edizioni La Nave di Teseo), che ha superato in Italia le 300mila copie ed è stato venduto in oltre 30 Paesi, racconta la storia di un uomo, Marco Carrera, apparentemente un italiano borghese come tanti. E poi come “una corsa sulle montagne russe, una sequenza di sconfitte e risalite improvvise” come l’ha definita lo scrittore pugliese Nicola Lagioia, mostra le bassezze di un presente complesso e le vette luminose di un grande amore.

E poi lascia trapelare nella seconda parte l’albeggiare delle luci di un futuro nuovo possibile, scevro dal cinismo che sembra far annegare la società contemporanea. 

La storia segue la memoria e quindi viaggia a diverse velocità tra un tempo e un altro, avvolgendosi dai primi anni Settanta fino a un futuro ancora indefinito. C’è il tempo del mare in cui Marco conosce Luisa, ragazzina incantevole che diventerà il suo amore mai consumato e mai concluso. Poi l’amore adulto si chiamerà Marina, ossia Kasia Smutniak, madre di sua figlia, con una vita a Roma. Improvvisamente però un trasferimento a Firenze lo vedrà affrontare un destino spietato. Ma una figura arriverà in suo soccorso, e sarà lo psicoanalista interpretato da Nanni Moretti, dimostrando che si trova sempre la forza di ricominciare.

Marco è “un uomo emotivo, non fragile, attaccato alla vita, protegge le cose che ama, vive la sessualità senza ossessione, ed è quindi un modello d’uomo che mi piace raccontare” ha spiegato Favino del suo protagonista. È dunque una ricostruzione evocativa e potente, e la regista ha cercato di rispettare il libro che aveva molto amato.
“Il mio desiderio è stato annullare la macchina da presa, riuscire a creare la percezione che la storia si stesse raccontando da sé. Non è un esercizio di regia facile. A volte la cosa più difficile da inquadrare è il viso di un uomo, di una donna, di ragazzi e bambini. Far capire i sottotesti. E filmare l’invisibile”, ha spiegato Francesca Archibugi.

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