La divina Sophia Loren: «Auguro un anno d'amore»

La divina Sophia Loren: «Auguro un anno d'amore»
di Oscar Cosulich
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Domenica 3 Gennaio 2021, 09:28

«Mi sono innamorata di questo personaggio non appena ho letto la sceneggiatura e non solo per il suo messaggio di empatia, tolleranza e umanità, ma perché è una bellissima storia d'amore e d'amicizia tra due persone apparentemente lontanissime tra loro, che non potrebbero avere punti in comune», dice Sophia Loren, in collegamento streaming dalla Svizzera, ricevendo da Pascal Vicedomini, il premio di «Capri Hollywood» per la sua interpretazione di Madame Rosa in «La vita davanti a sé», il film diretto dal figlio Edoardo Ponti e basato sul romanzo di Romain Gary.


«Questo è un film di speranza e resilienza», ha concluso l'attrice, «l'anno che si è appena concluso è stato un anno difficile, di tragedie e dolori, ma anche un anno dove abbiamo visto le persone mostrarsi capaci di tirarsi su e aiutarsi l'un l'altro nei modi più belli, lavorando insieme.

Questo film parla proprio di questo e per questo sono onorata del premio che mi avete assegnato. Vi auguro un anno pieno di amore e felicità».


È stato, inevitabilmente, il momento culminante della giornata finale della venticinquesima edizione del festival ideato e diretto da Pascal Vicedomini, costretto dalla pandemia anche per il gala conclusivo di premiazione, con ospiti collegati da ogni parte del mondo, come Edoardo Ponti, Laura Pausini e Diane Warren (premiate per «Io sì (Seen)»), Andrea Griminelli, Noa, Tony Renis, Franco Nero e Mark Canton. Prima, Michele Placido aveva offerto qualche anticipazione su «L'ombra di Caravaggio», attualmente in fase di montaggio, film da lui diretto e interpretato da un inedito Riccardo Scamarcio: «Con lo sceneggiatore Sandro Petraglia abbiamo lavorato quattro anni sulla sceneggiatura, per trovare la giusta chiave del racconto. Non mi interessava dirigere un film sulla vita di Caravaggio, volevo riuscire a mostrare l'essenza di questo artista immenso che posso paragonare a Pasolini, in quanto erano entrambi artisti scomodi, entrambi dalla provincia sono arrivati a Roma, entrambi frequentavano la suburra. Come Pier Paolo, Caravaggio non ha mai dipinto il bello, ma proprio per le sue frequentazioni di ladri, puttane e magnaccia, ha saputo dipingere il vero, rendendolo arte. Caravaggio per me non è stato un pittore, ma un grande regista teatrale e cinematografico. Lui metteva in scena i suoi soggetti, i suoi geniali tagli di luce facevano uscire dal buio i protagonisti dei suoi quadri».

La chiave di narrazione scelta da Placido con Petraglia è stata insolita, aiutata dalla riprese napoletane: «Non ci interessava mostrare Caravaggio che dipinge. Il nostro è un noir, è un giallo, perché la vita e la morte del pittore sono pieni di misteri: è morto a causa di un'infezione oppure è stato ucciso? Il fatto che tutte le sue Madonne fossero ritratti di prostitute faceva scandalo, ma lui era profondamente mistico».
 

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