Paola Cortellesi e Valerio Mastandrea, genitori imperfetti in Figli, il film di Mattia Torre

Paola Cortellesi e Valerio Mastandrea, genitori imperfetti in Figli, il film di Mattia Torre
di Paolo Travisi
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Venerdì 17 Gennaio 2020, 18:54 - Ultimo aggiornamento: 15 Marzo, 19:03

Una coppia solida ed equilibrata, con una bambina di 6 anni sempre più indipendente. Una vita complessa, ma serena, finché non arriva un altro figlio. Il secondo. E la coppia formata da Paola Cortellesi e Valerio Mastandrea entra in un vortice di difficoltà, in cui il controllo non sembra più possibile. E’quanto racconta Figli, un film di Mattia Torre, uno dei geniali autori della serie cult, Boris, scomparso l’estate scorsa, che ha affidato il compito di proseguire il film a Giuseppe Bonito, suo aiuto regista.

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«Mattia mi manca tantissimo, soprattutto mentre giravo Figli (in uscita il 23 gennaio). Fu proprio lui a chiamarmi in un momento in cui fisicamente faceva fatica, aveva bisogno di un “regista di sostegno” e disse di aver pensato a me. Il mio primo film, Pulce era molto drammatico e non ho figli, motivi che usai per tentare di obiettare alla sua scelta. Ma sin dai tempi di Boris tutto è proceduto in modo molto istintivo, ed è stato così anche stavolta». In conferenza stampa Giuseppe Bonito racconta con queste parole, il suo coinvolgimento nel film, in cui oltre ai due attori principali, ci sono ruoli secondari altrettanto ben scritti e divertenti, affidati ad attori che hanno fatto parte del cast di Boris: Paolo Calabresi, Valerio Aprea, Andrea Sartoretti.

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Ma Figli, nonostante il titolo, non racconta esclusivamente del mondo genitoriale, “parla di una coppia, di come mantenere un difficile equilibrio in una lunga relazione - precisa Paola Cortellesi - è un film sul lavoro certosino che si richiede ad una coppia per mantenere un amore saldo”. E per i due protagonisti, entrambi genitori, non è stato poi così complicato entrare nella parte, come spiega Mastandrea: «Ci siamo riconosciuti in molte cose, sicuramente nel dibattito e nel conflitto di una coppia, e credo che in questo film ci sia tutto il modo di approcciare alla vita di Mattia Torre. La sfrontatezza è il modo in cui la racconta, senza giudicarla da lontano, ma stando dentro alle cose. Penso che il film non parli solo di figli, ma di come si possa e debba resistere agli urti della vita, che poi sono quelli che ci impone la cultura dominante in cui viviamo».

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E Paola Cortellesi è sulla stessa lunghezza d’onda. «Io mi sono riconosciuta veramente in tutto, nelle feste terribili e soprattutto nelle tipologie di genitori, e quando ho letto la sceneggiatura, ridevo molto, anche di me stessa, perché mi riconoscevo in tante manie di questi genitori che diventano completamente pazzi anche ad un minimo cenno del figlio».

 

(Valerio Mastandrea in un toccante monologo di Mattia Torre su genitori e figli)


Mattia Torre, con il suo sguardo lucido ed ironico, ha descritto anche un passaggio cruciale di questa epoca. I nonni. Senza di loro la società italiana sarebbe al collasso. E non solamente per la loro utilità, che si fa rimedio fondamentale alle debolezze del welfare, ma anche sotto il punto di vista economico. Uno dei personaggi, la mamma di Paola Cortellesi nel film, spiega questo concetto molto bene, come afferma l’attrice in conferenza stampa. «Mi è piaciuto molto il monologo della mamma del mio personaggio, sul fatto che siano i nonni a mantenere la nostra economia e che siano dei pilastri anche culturali. Io ho avuto una famiglia molto tradizionale, la cui vicinanza non è mai mancata, certo come accade nel film, quando crollano i nonni crollano anche le certezze, perché non c’è un sistema di supporto».

Meriti e anche colpe di quella generazione sottolinea Figli. «La voglia di Mattia Torre di gridare quante responsabilità abbiano i genitori di quella generazione la condivido molto» aggiunge Mastandrea, che a proposito dell'essere genitori in Italia dice "la madre è vista come una donna che deve rinunciare a tutto, quando finirà questa cultura e fare i genitori sarà considerato un fatto normale, e non una cosa eccezionale? Quando ho accettato l'imperfezione della paternità, ho iniziato a vivere con amore l’essere genitore".

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