Hillary Clinton, docufilm alla Berlinale: «Prendo le critiche sul serio, ma non sul personale»

Hillary Clinton
Hillary Clinton
di Alessandra De Tommasi
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Mercoledì 26 Febbraio 2020, 08:02
First Lady, Segretario di Stato, scrittrice e ad un passo dal diventare il primo Presidente donna degli USA. E oggi Hillary Clinton a 72 anni diventa star di un documentario in quattro parti che ne ripercorre le vicende personali e politiche. Dopo il Sundance, arriva al Festival di Berlino, si chiama “Hillary” ed è diretto da Nanette Burstein. Non tralascia nulla, dallo scandalo Lewinsky alla campagna fallimentare del 2016, ma anche i ricordi d’infanzia, l’incontro al college con il marito Bill e la figlia Chelsea. 

«Non si tratta di uno spot, ma di un modo per mostrare attraverso la mia esperienza qualcosa che risuoni nelle vie di molte donne e che faccia vedere come sia imperativo che Donald Trump non venga rieletto. La sua campagna e il suo governo ha incoraggiato leader autoritari di tutto il mondo a prendersela con i più deboli, le minoranze di ogni genere, per genere o religione. È a suo agio con gli estremisti di destra che esercitano impunemente il potere e ne abusano e a me tutto questo fa paura».
Risultato? «La gente segue questo modello, ossia una seria minaccia per la democrazia». 

Le hanno detto di tutto, ma ormai sembra impermeabile: «Prendo le critiche sul serio - dice - ma mai sul personale perché so che nascono da intenti politici di ogni genere. L’ho imparato da piccola e mi è ancora utile». E prosegue: «Quando, dopo il mandato di Barack Obama, ho lasciato il mio posto da Segretario di Stato avevo il 69% dei consensi, ero molto stimata e l’opposizione ha pensato che l’unico modo per farmi fuori fosse una strategia basata su calunnie e disinformazione. Trump non è stato ingannato sul mio conto, sapeva che mi batto per democrazia e dignità e mi ha infangato sulla mia decisione di difendere la Nato, ad esempio. È venuto meno ad uno dei principi della politica sana, ossia dibattere su opinioni diverse: con lui non è stato possibile e tutte le mie domande sono rimaste senza risposte».

Intanto un paio di giorni fa uno dei finanziatori della sua campagna (e di tutte quelle dei candidati democratici), Harvey Weinstein, è stato condannato per violenza sessuale. «Il verdetto di colpevolezza – commenta Hillary Clinton – parla da solo e la giuria lo ha espresso con chiarezza, è arrivata la resa dei conti e la gente ne sentiva il bisogno, ecco perché ha seguito il caso con tanto interesse»
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