«Le emozioni possono essere pericolose dal punto di vista sociale. Rischiamo di perdere qualcosa se ridiamo o piangiamo nel momento sbagliato. Questo film racconta di una scissione tra ciò che si sente e ciò che si può esprimere socialmente, e che viviamo tutti». Una scissione che Elio Germano mette in scena con un’interpretazione grandiosa in “Confidenza”, presentato all'International Film Festival Rotterdam e dal 24 aprile al cinema, proponendo nuovamente - dopo “America Latina” dei fratelli D’Innocenzo - un’analisi incisiva e impietosa delle debolezze del maschio contemporaneo. Diretto da Daniele Luchetti, che lo ha scritto con Francesco Piccolo a partire dal romanzo omonimo di Domenico Starnone (Einaudi), “Confidenza” porta in superficie le tensioni latenti tra amore e paura, tra rispettabilità borghese e libertà di spirito, tra menzogna e verità, in una sorta di thriller psicologico che procede in un crescendo compresso dall’angoscia.
Nel film, Germano è il professor Vella, insegnante di lettere appassionato e molto amato, costantemente sopraffatto dal terrore che tutti capiscano la sua piccolezza e le sue miserie.
“Confidenza” è un racconto teso, che si lancia in introspezioni immaginifiche magnificamente sostenute dalle musiche di Thom Yorke e si muove, ambiguamente, sui contrasti. Tra indipendenza e sicurezza, tra periferia e centro, tra lettere e matematica, dove «le prime imbrogliano e le seconde dicono la verità». Tra il maschile e il femminile. «Pietro Vella – continua Germano – intraprende una relazione deflagrante nella quale pensa di essere in controllo, ma Teresa è autonoma, non succube. Lei frantuma i ruoli sociali di supremazia, che vorrebbero lui dominante essendo maschio, insegnante e più grande di età. Per questo lui finisce per avere paura di se stesso».