Checco Zalone presenta Tolo Tolo: «Vorrei che il mio film lo vedessero il Papa e Mattarella»

Checco Zalone presenta Tolo Tolo
Checco Zalone presenta Tolo Tolo
di Paolo Travisi
4 Minuti di Lettura
Venerdì 27 Dicembre 2019, 16:57 - Ultimo aggiornamento: 30 Dicembre, 22:02

«Vorrei che il mio film lo vedesse il presidente Mattarella, anzi no il Papa». Seguire Checco Zalone in conferenza stampa, non è impresa facile, perché le sue parole sono sempre in bilico tra serietà ed ironia. Spesso più la seconda che la prima. Ma le parole virgolettate, appartengono a Checco Zalone, anzi a Luca Medici, come ama firmarsi da neo-regista, pronunciate alla presentazione stampa di Tolo Tolo, (in uscita il 1° gennaio con oltre 1000 copie).
 

 

Il film già prima dell'uscita ha fatto parlare di sè, per il trailer (in parte girato davanti ad un centro commerciale in zona Bufalotta che Leggo aveva intercettato) e la canzone "Immigrato", un testo molto ironico nello stile del comico pugliese, che però non ha mancato di sollevare polemiche perché da alcuni interpretato come un brano velatamente razzista. «Con i social è come aver un megafono di qualsiasi commento - precisa Zalone alla platea di giornalisti - ma spesso le critiche provengono da un esiguo numero di persone ed i giornalisti prendono questi commenti e creano la polemica perché mi rendo conto sia più interessante dal punto di vista della comunicazione, ma io non ho sofferto di questo, anzi mi sono divertito ed è stato anche un bel battage pubblicitario del film».



Ed a proposito di Tolo Tolo, l'attore che per la prima volta debutta anche come regista, racconta come sempre nei suoi lavori, un aspetto dell'attualità attraverso un personaggio cinico e naif che stavolta scappa dalla sua Italia, non in cerca di lavoro, ma perché indebitato. E trova rifugio in Africa, in Kenya, dove però presto scoppia una guerriglia, e lui, insieme al resto della popolazione è costretto a fuggire di nuovo, diretto verso il suo paese, facendo lo stesso percorso di un migrante. Le polemiche? «Tutti ce le aspettavamo, ma non di finire sulle prime pagine dei giornale e come argomento di dibattito nei talk show, una cosa che mi ha anche stancato e dopo alcuni giorni non mi interessava più».

Tolo Tolo segna la separazione artistica tra Zalone e Gennaro Nunziante che ha firmato la regia dei primi quattro film del comico, e che ora invece passa direttamente nella mani di Zalone, che tra l'altro ha scritto il film insieme a Paolo Virzì. «Mi ha chiamato ed aveva un soggetto, pian piano ci siamo frequentati e mi sono reso conto che glielo stavo rubando, perché ho costruito il personaggio su di me. Girare è stato molto faticoso, c'erano tanta ansia e stress, infatti a volte avrei voluto Virzì a dirigermi. Con Nunziante siamo amici, anché se non ci vediamo più spesso, ma lui ha già fatto uno suo film, io uno mio, ma negli altri film precedenti non ero proprio a nudo». E Zalone non nasconde il peso dell'incasso precedente, quello di Quo Vado?, 65,3 milioni di euro, il film italiano più visto in assoluto. «E' inutile essere ipocriti, da una scala da uno a dieci la pressione era al massimo, perché il film è stato impegnativo e bisogna portare incassi».

Considerato il tema dell'immigrazione come l'elemento portante di Tolo Tolo a livello narrativo, non sono mancate le domande sulla politica ed in particolare su Salvini, che alcuni giorni durante un comizio aveva scherzato su Zalone, dicendo "lo vorrei senatori a vita". «Restando umile, io non faccio un film contro qualcuno» risponde il regista, a cui si aggiunge il produttore Valsecchi «non è un film contro Salvini, e non è neanche un film politico, ma sulle persone che cercano un futuro, più che politico lo definirei poetico».

Anche se rimandi alla scena politica ci sono come dice Zalone stesso, che parlando di uno dei personaggi di Tolo Tolo, Luigi Gramegna, (interpretato da Gianni D'Addario), che parte nullafacente e raggiunge la carica di Presidente del Consiglio dice: «non è la metafora dell'Italia, è proprio uguale a un personaggio dei nostri tempi» spiega l'attore-regista, «ha la carriera di Di Maio, l'ho vestito come Conte e ha il linguaggio di Salvini, ho creato una specie di mostro». 

Infine Zalone, non manca di citare i suoi riferimenti cinematografici. «Guardo con rispetto Dino Risi e Alberto Sordi, cerco di seguire il solco tracciato da loro, ma con le dovute distanze». E gli italiani come prenderanno il film? 
«Sono convinto che la gente sa benissimo dove andare, sia chi ha letto un milione di libri sia chi non sa neanche come parlare».




 

© RIPRODUZIONE RISERVATA