Brian Eno porta a Bari le sue Light paintings: «La mia musica è come un dipinto»

Brian Eno porta a Bari le sue Light paintings: «La mia musica è come un dipinto»
di Valeria BLANCO
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Sabato 31 Ottobre 2015, 15:57 - Ultimo aggiornamento: 17:48

Quando parla di sé, dice che ha dedicato l’intera vita a cercare di rimanere bambino. E oggi, a 67 anni, può dire di esserci riuscito.

Con la “lezione d’autore” di Brian Eno – punta di diamante di una serie di 150 ospiti nazionali e internazionali – ieri mattina ha aperto battenti il Medimex, salone dell’innovazione musicale ospitato per il quinto anno consecutivo alla Fiera del Levante di Bari.

In Puglia Eno è arrivato per la seconda volta (la prima è stata nel 1986, sempre a Bari) non solo come compositore, ma anche come artista visivo. Fino al 14 novembre il teatro Margherita accoglie infatti le sue Light paintings, sculture di luce. E sebbene gran parte dell’incontro sia stato dedicato all’arte visiva, l’inventore della musica ambient ha subito chiarito che non c’è tanta differenza tra le due forme d’arte perché, a suo modo di vedere, anche la musica va concepita come se fosse un dipinto.

«Agli inizi della mia carriera – ha raccontato in un lungo excursus partito dagli anni ’60 e condito da humor inglese – sono stato un musicista, ma non mi piaceva andare in tour.

Così ho comprato una videocamera e ho iniziato a filmare quello che vedevo dalla mia finestra, aperta sulle strade di New York. Mi piaceva filmare momenti di stasi, momenti in cui non accadeva nulla, tranne il movimento delle nubi o il passaggio di qualche aeroplano. I miei video erano dei quadri. Qualche anno più tardi è proprio dalla stessa intuizione che è nata la musica ambient. Per me la musica non deve raccontare una storia con una trama, ma deve essere più simile a un quadro. A me, la musica, piace quando è “ferma”. E questo è l’ambient».

Sorprende sapere che anche uno che ha attraversato la storia della musica, dai Roxy Music fino agli U2, ogni tanto si chiede: “Ma non sarebbe ora di trovarsi un lavoro vero?”. Difficile spiegare, a una famiglia di postini, cosa significa fare l’innovatore di professione. «Mio nonno suonava molti strumenti. Mio padre è stato un batterista, mio zio insegnava il clarinetto e mio fratello suonava in una banda. Sono l’unico maschio della mia famiglia che non sa suonare uno strumento: dovevo per forza fare il compositore. Per me, essere artista è una pratica filosofica. Significa imparare sempre cose nuove».

Se ci fosse un segreto nel processo creativo di questo mostro sacro della musica sarebbe quello di coltivare sempre la meraviglia o, come dice lui, rimanere sempre bambini. «La sorpresa comporta uno stato di eccitazione. Le cose sconosciute accendono i sensi, costringono il cervello a lavorare al massimo per cercare di mettere insieme tutte le informazioni. Ecco perché ho sempre perseguito l’innovazione: perché mi riporta all’infanzia, quando tutto appare meraviglioso e nuovo».

Un principio che vale anche nella vita di tutti i giorni. «Mi piace trovarmi di fronte a cose sconosciute, ecco perché, dopo aver assaggiato un sacco di cose misteriose, compresi gli occhi di un pesce, posso dire di essere stato conquistato dalla cucina pugliese».

Riguardo al futuro, Brian Eno non ha saputo indicare con precisione quale direzione prenderà la musica e neppure la sua carriera.

«Di solito – ha spiegato – quando mi fanno questa domanda, mento. Mi capita di comporre pezzi che mi sembrano bruttissimi. Poi, li riascolto dopo qualche anno e scopro che contenevano delle meravigliose intuizioni. Non so dire che direzione prenderà la mia arte nemmeno tra un minuto. Sin dagli anni ’60, mi è sempre piaciuto fare opere che avevano un inizio ma la cui fine era sconosciuta. Ecco, mi piace fare opere incompiute».