Beatrice, Ludovica e la musica. Le sorelle Rana in concerto a Roma: «È il nostro nutrimento»

Beatrice, Ludovica e la musica. Le sorelle Rana in concerto a Roma: «È il nostro nutrimento»
di Vincenzo MARUCCIO
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Sabato 28 Gennaio 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 16:33

Sorelle per sempre, sorelle per la musica. «È la nostra grande passione da quando eravamo piccole e ci terrà sempre unite». Sorelle diverse a guardarle da vicino - sul palco o davanti a una telecamera - ma buon sangue non mente: a tenerle unite ci sono Beethoven e Schubert che «non cambieremmo per nulla al mondo» e sarà così anche fra poche ore sotto i cieli di Roma per un concerto-evento tra i più attesi di questo inizio 2023. 
Beatrice Rana, 30 anni da Arnesano, provincia di Lecce, è la pianista italiana di musica classica più conosciuta al mondo: un genio applaudito dovunque. Ludovica Rana, 27 anni, è una violoncellista in ascesa nel panorama internazionale. «La musica è il nostro nutrimento quotidiano», dicono in simbiosi e il “buon sangue” arriva da Maria Pia e Vincenzo, docenti al Conservatorio, che le hanno tirate sù a pane e musica. «Tra di noi mai nessuna invidia né mai ci sarà», mettono le mani avanti e sono sincere. Domani suoneranno in duo per l’Accademia di Santa Cecilia e il repertorio spazia da Mendelsshon a Brahms, e saliranno insieme sul palco a soli tre mesi di distanza dal concerto di Amsterdam per i Reali d’Olanda con il presidente Sergio Mattarella accanto.

Com’è nato l’evento di domani? Chi tra voi ha scelto il repertorio?

Beatrice Rana: «Io sono un’artista “in residenza” al Santa Cecilia e ci è stata proposta l’esibizione nell’ambito della rassegna Concert Family. Non poteva che essere con Ludovica. La scaletta l’abbiamo scelta insieme».
Ludovica Rana: «Oltre ai noti Johannes Brahms e a Felix Mendelssohn ci sono anche la sorella Fanny Mendelssohn e Clara Schumann che era la moglie del grande Robert Schumann. Sono due compositrici, meno note, ma musicalmente toccanti e che meritano di essere riscoperte: ci piaceva l’idea di inserire due donne».

Suonare in Olanda davanti a Mattarella vi ha più emozionato o reso orgogliose?

Ludovica: «Con la musica non si finisce mai di emozionarsi. Ed è stato un orgoglio grande, anche al momento dell’inno nazionale. Non lo dimenticherò. Siamo orgogliose di essere italiane, all’estero ancora di più».

Ma dell’Italia cos’è che cambiereste?

Beatrice: «La burocrazia, è insopportabile. Un muro spesso invalicabile, una serie di ostacoli paradossali che abbiamo incontrato anche sulla nostra pelle quando, ad esempio, abbiamo dovuto mettere in piedi i nostri festival “Classiche Forme” e “Sfere Sonore” a casa nostra, ad Arnesano».

Arnesano, a proposito. È in un piccolo paese che è cominciato tutto. Ve lo ricordate che succedeva quando da bambine suonavate insieme?

Beatrice: «Un gran chiasso, sicuramente. Ma per fortuna la casa di famiglia era abbastanza grande.

E, poi, mi ricordo certe litigate. Per la musica, ovviamente. Su cosa bisognava suonare, su come bisognava farlo. Ma poi scoppiava la pace».

Entrambe pianiste, poi a un certo punto Ludovica s’innamora del violoncello. Com’è andata?

Ludovica: «Ho cominciato a provare altri strumenti, anche il violino. Poi ho trovato il violoncello, complice un concerto a Gallipoli dove mi portarono. Ne fui colpita e non ho più cambiato».
Beatrice: «E io all’inizio ero gelosa di questo violoncello di Ludovica. Come tutte le volte quando una sorella ha un nuovo giocattolo tra le mani».

Mamma e papà che genitori sono stati?

Ludovica: «Mai imposto nulla e negli ultimi anni non hanno condizionato le nostre scelte».
Beatrice: «Certo, quando sbagliavamo, ed è successo tante volte tra esercitazioni e concerti, ce l’hanno sempre fatto notare, anche senza andare troppo per il sottile».

E dal punto di vista umano? Invadenti come molti genitori? Apprensivi?

Beatrice: «Invadenti non direi. Apprensivi, forse, ma è normale per chi viaggia tanto. Tanti aeroporti, tanti alberghi, tanti spostamenti all’estero. È normale».

Che non siete invidiose l’una dell’altra lo avete sempre rimarcato. Cosa invidiate invece, di “bello”, a vostra sorella? 

Beatrice: «Lo dico io. Le invidio la sua empatia, la sua capacità di relazionarsi subito con le persone e la sua dolcezza, è una grande dote che le riconosco. Mi manca e anche tanto. Io sono più dura, forse addirittura più rozza nel rapporto con l’altro. Ho bisogno di più tempo».
Ludovica: «Io invidio il suo metabolismo e non è uno scherzo. Mangia tanto e non si vede mai nulla, che cosa splendida. In realtà, mi colpisce la sua conoscenza della musica, la sua onestà intellettuale non sempre facile da trovare in una musicista giovane. Per il resto, le differenze caratteriali, sì, ci sono, ma più lievi rispetto a quanto si possa pensare. Sa essere empatica anche lei, basta vederla sorridere».

E una cosa che proprio non sopportate dell’altra?

Ludovica: «Certe volte è troppo dura, anche con se stessa».
Beatrice: «Lei è disordinata, ma giusto un po’. Con Ludovica, in realtà, ci sto benissimo. E ora anche i gusti musicali ci avvicinano sempre più».

Meglio Beethoven o Mozart?

Beatrice: «Domanda difficile, ci sono periodi di entrambi che ritengo insuperabili. Ma scelgo Beethoven».
Ludovica: «Condivido. Beethoven è passione, è la musica che amiamo».

Schubert o Wagner?

Ludovica: «Schubert per la bellezza della sua musica, poesia allo stato puro».
Beatrice: «Schubert è stato un grandissimo per la semplicità della sua musica che arriva dritta al cuore. Non bisogna essere sofisticati a tutti i costi per emozionare».

Ma ascoltate anche pop e rock? Chi è il vostro preferito?

Ludovica: «Certo che sì e Britney Spears è la mia preferita. Lo so, può essere un po’ trash, ma non posso farci nulla. Mi è sempre piaciuta».
Beatrice: «Britney non gliel’ho mai perdonato. A me piacciono Beatles, Queen. Le pietre miliari del rock, chiamiamole così. E tra gli italiani i nostri Negramaro, non ci sono dubbi».

Il grande Uto Ughi, parlando dei Maneskin, ha detto che sono «un insulto all’arte e alla musica». Che rispondete?

Beatrice: «Non lo condivido. Ughi è un’icona, ma quel giudizio è nocivo, non è fondato e non rende un buon servizio alla musica. Soprattutto, alla musica classica. I Maneskin me li ricordo quando io studiavo a Roma e li incontravo a suonare per strada. Hanno fatto la dura gavetta».
Ludovica: «E poi a noi due i Maneskin piacciono. Sono giovani e creativi».

Ma classica e pop possono incontrarsi? Voi suonereste a Sanremo o alla Notte della Taranta?

Ludovica: «Sono due mondi diversi, l’integrazione musicale non è facile».
Beatrice: «Il contesto diverso non ci fa paura, ma ci andrei per suonare la nostra musica. Per le contaminazioni c’è chi è più bravo di noi. Di questi incontri non mi piace il fatto che quasi sempre è il musicista classico a doversi adattare ai canoni della musica cosiddetta leggera e mai viceversa». 

Sorelle e, naturalmente, donne. È più difficile emergere se non si è uomini?

Ludovica: «Nessuno, per il fatto di essere donna, mi ha messo i bastoni tra le ruote. Nella vita e nella musica».

Però, nei posti di comando, a partire dai direttori d’orchestra, ci sono quasi sempre donne...

Beatrice: «Sì, sono poche ma bisogna dire che un tempo non ce n’era neanche una. la situazione sta migliorando, ma tocca anche alle donne non farsi condizionare da logiche maschiliste».

In che senso?

Beatrice: «Se una è bella deve anche dimostrare di essere molto intelligente, ad esempio. Ma chi l’ha detto? Ma la cosa più sbagliata è chi di una donna al comando vuole sapere tutto: la vita familiare, i gusti personali, da dove viene. Perché non funziona così con un uomo?».

In queste ore a Roma, poi un altro giorno chissà dove. Ma il Salento dopo quanti giorni vi manca?

Ludovica: «A me così tanto che, dopo la pandemia, ho deciso di tornarci in pianta stabile e ora dal Salento riesco a coordinare le mie attività organizzative e partire per i concerti. Era difficile stare lontani dagli affetti, dai nostri profumi, dal mare d’estate».
Beatrice: «Ho sempre la valigia pronta per i concerti, ma dopo una settimana penso giù al Salento. Il mare è bello d’inverno, è bello sempre».

Ma andarsene, almeno una volta nella vita, bisogna farlo. Poi, si può anche tornare. Siete d’accordo?

Beatrice: «È indispensabile, arricchisce, migliora. Quante cose non avrei conosciuto se non fossi andata via da casa? E bisogna stare fuori per molto tempo, un anno non basta per capire cosa c’è oltre il Salento».
Ludovica: «Bisogna andare all’estero, se possibile. Non solo in un’altra parte d’Italia. Non avremmo potuto organizzare i Festival ad Arnesano se non fossimo andate fuori».

Ma del Salento cosa cambiereste?

Beatrice: «La mancanza di fiducia in se stessi. Certo, le difficoltà ci sono, ma anche nel Salento si può fare tanto, senza accontentarsi. Non è solo una questione di vita comoda, è proprio che bisognerebbe avere più consapevolezza di potercela fare. Dentro, e voglio dire dentro di noi, non ci manca nulla».

Pronte per un concerto insieme nel Salento? A quando?

Ludovica: «Quest’estate, speriamo. Non vediamo l’ora».
Beatrice: «Ad Arnesano sarebbe facile, ma non ci piacciono queste cose, per così dire, autocelebrative. Ecco, aspettiamo l’invito da qualcuno. Siamo pronte».
 

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