Bari, al Teatro Piccini “Morte a Venezia” di Paolo Panaro

Bari, al Teatro Piccini “Morte a Venezia” di Paolo Panaro
di Eraldo MARTUCCI
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Sabato 10 Dicembre 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 11:58

Gustav Mahler, Thomas Mann e Luchino Visconti: una triade favolosa che si ritrova insieme nella languida, ancor più che struggente, e delicatissima pellicola “Morte a Venezia” del 1971, tratta dal “quasi” omonimo romanzo del premio Nobel per la letteratura da cui il compositore Benjamin Britten ricaverà, nel 1973, uno dei suoi ultimi capolavori lirici. E proprio perché il Gustav Aschenbach ritratto da Visconti allude al compositore Mahler, Paolo Panaro ha scelto la formula dello spettacolo-concerto per mettere in scena il suo “Morte a Venezia”. 
Una prima nazionale che debutta oggi alle 21 al Teatro Piccinni di Bari per la stagione teatrale del Comune organizzata con il Teatro pubblico pugliese. Unica replica domani alle 18. In questa nuova produzione della compagnia Diaghilev, con le scene di Tommaso Lagattolla e le luci di Peppino Ruggiero, Panaro firma adattamento e regia per farsi interprete lui stesso di quest’elegia sulla fine di un mondo, intrecciando il racconto del grande romanziere con alcune tra le più belle pagine della letteratura pianistica di Rachmaninov, Beethoven e Chopin, affidate al talento dell’ucraino Alexander Romanovsky, premio Busoni nel 2001 (a soli 17 anni) e concertista di fama internazionale con esibizioni nei più importanti teatri del mondo, dalla Scala di Milano alla Royal Albert Hall di Londra al Teatro degli Champs-Élysées a Parigi.

Il racconto breve, composto da Mann nel 1912, parla del famoso scrittore tedesco Gustav Aschenbach, che ha basato la sua vita e l’intera opera sulla più ostinata fedeltà ai canoni classici dell’estetica e dell’etica, ed è spinto a Venezia da un misterioso impulso. Nell’attimo in cui balena sulla spiaggia del Lido la spietata bellezza del ragazzo polacco Tadzio, Aschenbach avverte il definitivo segno del destino: l’anelito allo sfacelo. «Una diffusa opinione, vorrebbe che il protagonista del romanzo fosse ispirato proprio a Gustav Mahler – sottolinea il musicologo Emanuele Franceschetti - al quale, a prescindere dalla veridicità della “leggenda”, Mann aveva già indirizzato una commossa lettera, proprio l’anno prima, in seguito ad un’esecuzione dell’Ottava, cui aveva assistito, e da cui era stato emotivamente sconvolto».

La musica d’altronde ha sempre occupato un posto fondamentale all’interno del pensiero e della sua produzione: “Doktor Faustus”, una delle sue ultime monumentali opere, è (anche) una lunga narrazione della sua forza “demoniaca”. 

Da Mahler a Thomas Mann, dunque, per ritornare alla pellicola di Visconti. E quindi, ancora un’ultima volta, alla musica di Mahler: «la musica si fa carico di dirci cose che le parole, da sole, farebbero fatica a pronunciare». E la musica è quella straordinaria dell’Adagietto della Quinta Sinfonia, che appunto diventa la narrazione “senza parole” della malattia del corpo e dello spirito del protagonista. Composta tra il 1901 e il 1902 ed eseguita per la prima volta due anni dopo a Colonia, ebbe versione definitiva solo nel 1911, l’anno della morte del compositore. Con questa nuova produzione Paolo Panaro si conferma protagonista della scena culturale pugliese. Da un mese sta infatti portando avanti all’Auditorium Vallisa di Bari il progetto “I racconti delle venti”, composto da quattordici sue letture sceniche nell’ambito della stagione teatrale della compagnia Diaghilev. I prossimi tre appuntamenti saranno “Il racconto di Enea” da Virgilio (16 gennaio), “La sirena” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa (23 gennaio), e “Gerusalemme liberata” di Torquato Tasso (30 gennaio). 

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