Antonella Ruggiero a Novoli con Coniglioviola: «Canto la poesia della fine»

Antonella Ruggiero a Novoli con Coniglioviola: «Canto la poesia della fine»
di Ilaria MARINACI
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Mercoledì 13 Gennaio 2016, 11:51

È stata ospite in tutti gli eventi musicali più importanti del Salento, dalla “Notte della Taranta” al “Locomotive Jazz Festival”, e stasera aggiunge a questa collezione un altro tassello. Antonella Ruggiero è protagonista del concerto di anteprima della Fòcara di Novoli, in programma al Teatro Comunale alle 21.30 (ingresso gratuito fino ad esaurimento posti e maxischermo all’esterno). «Credo che la Puglia sia la regione più interessante dal punto di vista culturale – dice – e, sotto quello musicale, una vera fucina di artisti. Questa Fòcara, poi, parla di una tradizione antichissima legata al fuoco, un rituale che ci porta lontano dalla nostra ipertecnologica era».

Un “Concerto senza titolo (Requiem elettronico)” in cui sarà accompagnata dal duo artistico più eclettico della scena italiana, i Coniglioviola. Senza titolo perché sarà proposta un’antologia di canzoni che raccontano poeticamente il più grande tabù della cultura contemporanea: la morte. Da “La canzone di Marinella” di De Andrè a “La sedia di lillà” di Fortis, passando per “Vecchio frac” di Modugno e “Il carrozzone” di Zero, tutte riarrangiate in chiave elettronica e accompagnate da videoarte e performance.

È inusuale un concerto dedicato al tema della morte.
«Eppure, è stato trattato da molti cantautori italiani, fra gli anni ’60 e ’80, spesso senza usare mai la parola stessa. Si tratta di racconti di alcuni momenti e situazioni che portano, quasi senza accorgersene, a pensare alla morte. Un percorso musicale affascinante».

Come avete scelto i brani in scaletta?
«In base all’impatto emotivo che queste canzoni danno. Va detto che il repertorio non è vastissimo, per cui siamo arrivati abbastanza velocemente alla definizione dei brani, che sono tutti straordinari. Forse alcuni più di altri, come, per esempio, “La sedia di lillà”. Brani che sono diventati anche molto popolari, nonostante il tema “innominato”».

Ha pubblicato, di recente, “Cattedrali”, un disco di musica sacra per organo e voce. È vero che era il suo sogno fin da bambina?
«Questo è il secondo. Il primo l’ho inciso nel 2001 e si intitolava “Sacrarmonia”, con un quartetto d’archi, registrato praticamente dal vivo. Cosa che si è ripetuta anche per “Cattedrali”, registrato nel Duomo di Cremona. Incidere un repertorio sacro all’interno di un luogo di culto è un’esperienza molto più intensa che farlo in un teatro. Poi, già da bambina sono stata affascinata dal suono dell’organo nella chiesa di Santa Maria di Castello, nel centro medievale di Genova, e da allora quel suono imponente e meraviglioso mi è rimasto dentro».

Nel disco ci sono molte “Ave Maria” e lei ha detto che non è un caso. Per quale ragione?
«La figura di Maria, in questo periodo storico, rappresenta proprio la figura della donna che subisce quello che vediamo. E ne vediamo davvero di tutti i colori. Non ultime, le molestie di Capodanno a Colonia. La donna sembra sempre più in pericolo, nonostante siamo nel 2016, e affronta ancora problemi che si pensava archiviati da decenni. Dalle bambine o anziane che lasciano le loro case e si mettono in cammino, senza sapere se mai arriveranno, alle giovani donne molestate, picchiate o uccise. Quindi, questo disco l’ho voluto dedicare proprio al mondo femminile e a quello che patisce».
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