Il primato della Regione

Il primato della Regione
di Anna Rita INVIDIA
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Giovedì 26 Marzo 2020, 15:22 - Ultimo aggiornamento: 16:51
Le acque della laguna di Venezia che tornano trasparenti, i fenicotteri che appaiono al tramonto a Milano, le volpi che si fanno coraggio ed escono allo scoperto. Anche nel Salento.
La natura rinasce e si riprende i suoi spazi. Per il miracolo sono bastate poche settimane di quiete forzata imposta dall'epidemia che tiene lontano l'uomo e gli fa spegnere i motori delle industrie e delle automobili.
«I nostri parchi stanno rinascendo, sono un spettacolo incredibile - conferma Maurizio Manna del coordinamento regionale di Legambiente -. Naturalmente tutti noi, come il resto dell'umanità, ci auguriamo che questo virus venga presto sconfitto e che l'uomo possa ritornare a vivere come prima, ad uscire e a lavorare. Però, magari, quando questa emergenza sanitaria sarà terminata, dovremmo trovare il tempo di fermarci e di riflettere un attimo sul nostro rapporto con l'ambiente».
Un rapporto che spesso è fatto di mancanza di rispetto, se non proprio di abusi e di violenza. Basta fare un giro in campagna. Divani e sedie che arredano uliveti; intere camerette scaricate da qualche bravo padre di famiglia a ridosso dei muretti a secco; piastrelle, calcinacci e altro materiale di risulta depositati dall'impresa edile di turno che magari lavora in nero o semplicemente non vuole accollarsi i costi dello smaltimento in discarica; quintali di plastica che galleggiano nei nostri mari e che uccidono tartarughe e delfini.
«C'è davvero tanta rabbia davanti a queste scene che sono un'offesa alla bellezza del nostro territorio e che ci disegnano come incivili davanti ai turisti, soprattutto stranieri, che scelgono il nostro entroterra per un turismo di qualità: vengono a cercare rare orchidee selvagge e s'imbattono troppo spesso in scatolette di tonno e bottiglie vuote di birra».
La strada è lunga per imporre il diritto dell'ambiente a essere rispettato. Soprattutto tra i cittadini. C'è stato un tempo in cui questo diritto faceva fatica a farsi riconoscere anche dallo Stato. Erano gli anni Ottanta e l'abusivismo edilizio ha fatto scempio delle coste in Puglia e nel Salento. «All'epoca - ricorda Manna dall'alto dei suoi 34 anni spesi per la tutela del territorio - noi ambientalisti eravamo considerati quasi dei sovversivi. C'era tanta speculazione edilizia e non c'erano leggi precise e forti che tutelassero l'ambiente. Solo nel 1997 la Regione Puglia fece un primo elenco e avvio la procedura per il riconoscimento dei parchi naturali, che poi vennero istituiti dieci anni dopo. La nostra associazione portò avanti una lunga battaglia per far includere anche Gallipoli, Porto Cesareo e Ugento».
Ottenuto lo scudo normativo, oggi è soprattutto una battaglia di civiltà. «La gente non tollera più chi scarica in campagna - conclude l'esponente di Legambiente -, molti fortunatamente reagiscono con la denuncia. C'è una reazione sociale che fa ben sperare che le cose possano solo migliorare».
Un'indignazione di massa e una responsabilità civile che sono importanti almeno quanto una normativa di tutela e di repressione. Sì, repressione: ci vuole anche questa laddove il senso civico non arriva. E lo hanno capito le amministrazioni comunali che sempre più mettono al centro dei loro obiettivi politici la tutela dell'ambiente, investendo nelle fototrappole. Lo ha capito ancora meglio la Provincia di Lecce che, oltre a mettere in strada la sua polizia, nella battaglia contro gli sporcaccioni ha deciso di utilizzare anche i droni.
C'è chi sporca, ma c'è anche ci pulisce. Un esercito straordinario di volontari che ha come missione quello di restituire il decoro ai luoghi deturpati dalla spazzatura. Un esercito che anche Quotidiano ha incrociato nella sua campagna di sensibilizzazione Sporchiamoci le mani che in 28 tappe ha raccolto 700 quintali di rifiuti. Ma soprattutto ha raccolto la partecipazione di centinaia di persone che per quasi un mese si sono alzate di buon ora per ripulire un pezzo di Salento.
Città che vai emergenza ambientale che trovi. E a Taranto non può chiamarsi che Ilva. «La nostra associazione ha un approccio scientifico alle tematiche ambientali - spiega Alessandro Marescotti di PeaceLink -. Un nostro esposto presentato in Procura nel 2008 ha aperto una delle piste che ha portato all'inchiesta Ambiente svenduto. Io poi sono un insegnante per cui l'educazione ambientale per me è strategica così come il coinvolgimento delle scuole: si deve partire dalla presa di coscienza e prima lo si fa, meglio è».
Grandi battaglie e sfide giornaliere. Come quelle portate avanti, sempre a Taranto, da Plasticaqquà. «Più che un'associazione - tiene a precisare Giuseppe Internò -, il nostro è un gruppo informale che dal 2013 si occupa soprattutto, ma non solo, di ripulire le spiagge dei due mari di Taranto. Riusciamo ad aver un bel seguito, grazie alla collaborazione con scuole, parrocchie, Pro Loco e altre associazioni».
Ma, come in tutte le battaglie, arriva un momento di scoramento. «A volte quello che puliamo dopo una settimana è di nuovo sporco - ammette l'ambientalista -. Allora la nostra potrebbe sembrare una lotta contro i mulini al vento. Ma non è così, la sensibilizzazione è un percorso lungo. Fortunatamente le nuove generazioni si dimostrano molto più consapevoli del fatto che l'ambiente è il bene più prezioso da lasciare in eredità a chi verrà dopo di noi». E a dimostrazione che il rispetto ambientale è anche una questione di cultura, Plasticaqquà ha dato vita ad un'ecolibreria davvero speciale: «Abbiamo recuperato centinaia di libri grazie alle donazioni e regaliamo un volume a chiunque ci porti 10 bottiglie di plastica».
E gli abbandoni selvaggi, sia a terra che in acqua, sono una piaga che non risparmia nemmeno Brindisi. «Nelle periferie si scarica di tutto - dice Doretto Marinazzo di Legambiente Brindisi -, soprattutto tanta plastica che diventa un problema serio anche per la salute, visto che si frantuma e ci arriva anche attraverso il veicolo alimentare. Facciamo tanti interventi di pulizia specifici, molti in collaborazione con le scuole. I bambini rappresentano la classe dirigente del domani: è su loro che dobbiamo contare per sperare in un rapporto più rispettoso con l'ambiente». E per sperare di rivedere le volpi anche quando questo virus finalmente sarà andato via.
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