Il nuovo sito di Quotidiano, Cristante: «Un'evoluzione alla ricerca dell'equilibrio»

Il nuovo sito di Quotidiano, Cristante: «Un'evoluzione alla ricerca dell'equilibrio»
di Alessandra LUPO
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Mercoledì 27 Luglio 2022, 16:02 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 22:29

Stefano Cristante insegna Sociologia dei processi culturali e comunicativi a UniSalento, ha presieduto il corso di laurea in Scienze della comunicazione e si è occupato spesso di sociologia dell'opinione pubblica e di produzione e consumo culturale (oltre ad avere un lunga storia di giornalismo). L'online è oggi del tutto interconnesso con la nostra esistenza, anche nell'informazione. Dalla loro nascita, le testate giornalistiche online sono cambiate per progressivi tentativi. Di fatto in molti casi si è partiti da una mera copia o come si diceva un tempo una vetrina del giornale cartaceo.
 

Cosa è successo da allora?
«Il termine primo era un'estrema somiglianza al cartaceo, l'ultimo una estrema differenziazione. Si è partiti da un giornale online dove gli stessi pezzi erano disposti come sul cartaceo tradizionale. Poi c'è stato lo scivolamento nel colore pieno da parte di quasi tutte le testate e una moltiplicazione delle immagini. Ma a cambiare negli anni sono state anche le strutture paratitolistiche: titoli grandi accompagnati da elementi non necessariamente identici al sottotitolo e catenaccio di una volta, che davano la possibilità di fare quasi a meno del testo tradizionale. Più recentemente abbiamo assistito all'aumento delle infografiche e dei redazionali pubblicitari. Si procede per tentativi e aggiustamenti».

Diversamente dall'articolo cartaceo, la grande differenza è che il pezzo online va aperto, occorre quindi che il lettore voglia farlo.
«Le testate online sono passate attraverso molti tentativi di attrarre il lettore con stratagemmi di tipo digital commerciale. Dai titoli che incuriosiscono senza dire a una sorta di intrappolamento in un percorso ad ostacoli che rendeva sempre più difficile la gratuità. Infine la scelta un po' estrema di far pagare il singolo contenuto, che sembrava la soluzione. E infine si è arrivati alla questione dell'abbonamento, che è il punto in cui siamo».
 

Si immagina una ulteriore evoluzione?
«Potrebbero ancora cambiare le cose, in una sorta di utopia digitale, se molti lettori fossero disposti a spendere una cifra ragionevole del loro budget, potersi abbonare contemporaneamente a una serie di giornali, locali, italiani e anche stranieri. Ma al momento non mi pare la strada più vicina».

I giornali online sono spesso legati al numero dei contatti, che non sempre premiano le notizie più curate o approfondite. Come si attirano i lettori della rete senza passare dal clickbaiting?
«Secondo me superando la dinamica del miele con la mosca, che può essere tutta quella serie di notizie che hanno a che fare con il gossip, ecc. Ma anche le finestre per la profilazione e targhettizzazione pubblicitaria. Queste cose a mio avviso devono finire: dovrebbe esserci un patto chiaro tra lettori del digitale ed editori del digitale che, a fronte di un riconoscimento economico che è a sua volta frutto del riconoscimento del lavoro dei giornalisti (perché ci vogliono redazioni importanti per fare un serio giornalismo digitale), porti alla corresponsione del dovuto per un prodotto giornalistico di cui si possa andar fieri da parte dell'azienda che lo produce».

Dal punto di vista degli stili?
«Vedo una convivenza di strutture giornalistiche molto brevi, leggibili da tutti, e di articoli molto lunghi che interessano un pubblico di nicchia. Una convivenza che ricalca la visione del giornale cartaceo di opinione lasciando le notizie al digitale. Queste due formule però non si sono ancora stabilizzate, siamo ancora alla ricerca di una formula che riesca a contrastare l'assoluta indifferenza dei giovani rispetto alla carta stampata, che sta assumendo una portata antropologica, e le generazioni più anziane che continuano a comprare il giornale cartaceo, anche nella sua versione digitale. Anche la riproposizione del cartaceo su supporti digitali credo soddisfi solo una nicchia di persone, un pubblico molto specializzato che non può riempirsi la borsa di dieci giornali che però legge tutti i giorni. Io credo che i giornali digitali per abbonamento debbano offrire contenuti che non sono paragonabili al cartaceo».
 

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