Caos scuola, mancano i presidi: il dirigente
scolastico diventa di condominio

Caos scuola, mancano i presidi: il dirigente scolastico diventa di condominio
di Lorena Loiacono
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Lunedì 26 Settembre 2016, 08:55
Il preside di tutti, neanche fosse in campagna elettorale: quando i dirigenti scolastici mancano all'appello, le scuole sono costrette a fare gruppo appoggiandosi l'una all'altra. E così il preside diventa di condominio. Nonostante le 285 assunzioni effettuate dal ministero dell'istruzione per altrettanti presidi, quest'anno mancano comunque all'appello più di 1200 dirigenti.

Le scuole italiane sono 8.281, con ben 41.163 sedi, ma i presidi in carica sono meno di 7000. Vale a dire che 1489 istituti hanno un preside part-time, da dividere con altre scuole, quindi mai veramente presente tra i ragazzi. Quasi un istituto su 3, quindi, ha il dirigente in reggenza. 

Il 25% nelle Marche e in Veneto, il 30% in regioni come Emilia Romagna, Friuli e Liguria. «Con casi eclatanti ed insostenibili - denuncia Mario Rusconi, vicepresidente dell'Associazione nazionale dei presidi - come il preside Glauco Berrettoni di Chiavari, in Liguria, che si ritrova a capo di 18 scuole. Impossibile lavorare in queste condizioni». O come la preside della Lombardia che, avendo la reggenza di 20 scuole, si divide addirittura in 6 comuni diversi.

Come mai tanta carenza di dirigenti scolastici? Da un lato il concorso che tarda ad arrivare: sarebbe dovuto essere bandito in autunno ma ancora non ce n'è traccia. Probabilmente il bando uscirà a gennaio ma si rischia di non fare in tempo con le selezioni per le assunzioni entro l'anno scolastico 2017-2018.

Dall'altro ci sono gli accorpamenti previsti dalla legge Gelmini del 2008 che ha di fatto soppresso gli uffici di presidenza per le scuole con meno di mille iscritti. «Centinaia di istituti accorpati - spiega Marcello Pacifico dell'Anief - per 2.676 scuole in meno. Soprattutto in Lombardia, con 173 sedi di dirigenza in meno, 116 in Piemonte e 145 nel Veneto, 410 in Campania e 288 in Puglia». E la mole di lavoro, per chi resta, è insostenibile.
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