Metti il punto alla fine di un messaggio? «Sei obsoleto». Ma può indicare anche uno stato d'animo

Metti il punto alla fine di un messaggio? «Sei obsoleto». Ma può indicare anche uno stato d'animo
Metti il punto alla fine di un messaggio? «Sei obsoleto». Ma può indicare anche uno stato d'animo
di Francesco Musolino
3 Minuti di Lettura
Venerdì 28 Agosto 2020, 12:34

Se inviando un sms o un whatsapp, le vostre frasi si concludono con un punto, sappiate che state dichiarando di essere grammaticalmente obsoleti, forse persino rabbiosi e invadenti. Magari non ve ne siete resi conto ma il punto - proprio lui - l'elemento grafico di interpunzione che conclude i periodi, naturalmente seguito dalla maiuscola, è ormai in disuso, platealmente evitato dalla Generazione Z, quella subentrata ai Millennials, che racchiude i nati fra la seconda metà del 1995 e il 2010. Bando ai punti? Questo è ciò che afferma uno studio inglese, secondo il quale le nuove generazioni tendono ad evitare l'uso del punto fermo perché, soprattutto nell'ambito dei social media, tendono ad essere interpretati come un simbolo passivo aggressivo, un vero e proprio marker emotivo.

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LO STUDIO


Non solo, un ulteriore studio della Binghamton University di New York, chiarisce che nella percezione della Generazione Z, tutte le frasi scritte dopo un punto, sono considerate brutalmente insincere, poco attendibili, inaffidabili. In pratica, l'sms o un whatsapp - termina semplicemente con l'atto dell'invio, senza bisogno di aggiungere punti o altri segni di interpunzione (Come stai seguito dal tasto invio, evitando di apporre il punto interrogativo); in tal senso, aggiungere un punto genera incertezza nel giovane destinatario. Non essendo indispensabile, apporlo significa che il tono della discussione sta improvvisamente mutando, come se si volesse porre fine alla discussione sbattendo la porta e uscendo platealmente dalla stanza.

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RISCHIO DI EQUIVOCI


Questa iper-attenzione ai segni di interpunzione e i suoi possibili e non espliciti significati, è una conseguenza inevitabile del linguaggio scritto. Non potendo ricorrere ad informazioni emotive come lo sguardo, le espressioni facciali, il tono della voce e l'uso delle pause, maggiore è la rapidità della comunicazione, maggiore sarà la possibilità di venir fraintesi. In tal senso, i texter chi invia un messaggio di testo ottimizzano le loro armi, usando e abusando di emoticon, slang e formule abbreviate (cmq, xké, qcs) ed eliminando ciò che può essere frainteso. Proprio come i punti. In questa coda d'agosto, il dibattito si è incendiato rapidamente e la romanziera Sophie Hannah (Il mistero dei tre quarti, Mondadori) ha twittato: «Ho appena chiesto a un figlio di 16 anni: a quanto pare, è vero. Se riceve un messaggio con un punto a conclusione della frase, pensa che il mittente sia strano, meschino o troppo schietto».
 

L'ECCEZIONE


L'unico ambito virtuale in cui i punti sono (ancora) accettati e non vengono considerati scortesi, rimangono le e-mail, soprattutto in virtù degli ambiti professionali e consentendoci di spaziare su registri più formali. Punti fermi o meno, il massimo dell'abiezione rimane la scrittura di un post o peggio ancora, di un commento di risposta, interamente in maiuscolo. Una pratica che viene associata alla vera e propria maleducazione o peggio, denuncia una totale mancanza di confidenza con la tastiera e con il galateo sul web, la cosiddetta netiquette, crasi fra network (rete) e buona educazione (étiquette).

 

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