Scuola e covid, Ammaniti: «Per i più piccoli le aule come gabbie, va imitato Benigni in La vita è bella»

Scuola e covid, Ammaniti: «Per i più piccoli le aule come gabbie, va imitato Benigni in La vita è bella»
Scuola e covid, Ammaniti: «Per i più piccoli le aule come gabbie, va imitato Benigni in La vita è bella»
di Carla Massi
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Lunedì 31 Agosto 2020, 07:30 - Ultimo aggiornamento: 11:03

Misurazione della febbre prima di uscire di casa, mascherina, ricreazione in classe, corse e giochi collettivi vietati, monobanco, scatola di cartone con il pranzo da mangiare nella stessa aula dove si fa lezione. Ecco la nuova prima elementare. Fino a pochi mesi fa l'esordio a scuola era carico di gioie e aspettative oggi è un'iniziazione carica di preoccupazioni come stigmatizza Massimo Ammaniti, 79 anni, maestro della Psicoanalisi dell'età evolutiva.
Quale potrebbe essere uno dei pensieri dei bambini che andranno in prima elementare nel 2020?
«Penseranno di essere stati accompagnati in un ospedale e non in una scuola. Tra il termometro a casa, la mascherina sul viso e l'obbligo a non avvicinare i compagni sembrerà di stare in un clima medico. E ovviamente minaccioso».
Cosa si può fare per aiutarli?
«I genitori devono prepararli. Spiegare, con leggerezza, che non avranno un compagno vicino, che non potranno fare la ricreazione in giardino se lo spazio non sarà abbastanza e tutto il resto. Pasto compreso».
Tutto molto impegnativo, no?
«Più sono preparati e tranquillizzati e meglio sopporteranno una situazione difficile da accettare. Ricordiamo che la maggior parte dei bambini viene dall'asilo e da mesi a casa sempre in famiglia. Il passaggio, già complesso di per sé, può diventare molto faticoso».
E gli insegnanti come dovranno affrontare una simile situazione?
«All'inizio sarà opportuno far parlare molto i bambini. Ognuno dovrà presentarsi agli altri cercando di superare l'ostacolo della mascherina. Prima l'armonizzazione del clima e poi le lezioni».
L'amicizia è anche una corsa insieme, parlarsi da vicino. Come si fa senza?
«Si deve inventare una nuova formula in grado di creare le relazioni senza toccarsi e con metà del viso coperto se necessario».
Crede davvero che riusciranno ad avere scambi emotivi, a fare gruppo?
«Fino ad oggi hanno comunicato con tutto il viso, naso e bocca compresi. Ora bisogna insegnare, giocando, a capirsi con gli occhi e con dei gesti delle mani o del corpo. Il gioco aiuta a dimostrare se sei contento o arrabbiato con lo sguardo».
Ci può fare un esempio?
«Pensiamo ad un gioco a squadre. Basta dividere i bambini in due gruppi e chiedere loro di esprimersi uno alla volta con gli occhi e le mani. Gli avversari devono indovinare. Chi fa più punti, ovviamente vince. Un semplice esercizio per abituarli alla mascherina. Per dare un significato diverso a tutto quello che appare come un divieto».
La classe-gabbia deve essere trasformata in una stanza del divertimento?
«Ricordate il film di Benigni La vita è bella? Il padre del piccolo Giosuè, per proteggerlo dagli orrori del campo di sterminio dove erano stati rinchiusi, costruisce un elaborato mondo di vertiginose fantasie. Trasforma ogni ordine in un gioco e rende la situazione al bambino quasi accettabile. Siamo in un contesto così drammatico ma, per i piccoli, l'inizio della scuola potrebbe diventare un ostacolo difficile da superare. Oltre ad imparare a leggere e scrivere».
Importante, dunque, è riuscire a tranquillizzarli anche se i paletti intorno a loro sono così tanti?
«Ci si può riuscire, sono ancora abbastanza piccoli. Ricordiamo che, nonostante il Covid, la prima elementare è un grande passaggio. Come è stato per tutti noi. L'impegno degli adulti è quello di non far prevalere le costrizioni e le paure sull'evento. Quella è l'età in cui inizia un nuovo modo di apprendere ed esplorare, va fatto di tutto per proteggerli».
I bambini più grandi potranno avere problemi simili?
«Credo di no. Quelli dalla seconda elementare in su hanno la fortuna di aver già vissuto un clima diverso in classe. Possono sicuramente essere sbalorditi ma è più facile prepararli perché hanno un termine di paragone. Certo, anche per loro un imponente ostacolo da superare e forzatamente accettare. Per il bene di tutti».
 

 

 

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