Scuola, la riapertura possibile motore della ripartenza del virus: il caso di Israele

Scuola, la riapertura possibile motore della ripartenza del virus: il caso di Israele
Scuola, la riapertura possibile motore della ripartenza del virus: il caso di Israele
di Gianluca Perino
4 Minuti di Lettura
Lunedì 8 Giugno 2020, 10:40 - Ultimo aggiornamento: 12:45

Riaprire le scuole o no? Ai tempi del virus questa è una delle domande più ricorrenti, alla quale ogni Paese ha risposto in maniera diversa. La Francia ha cominciato con i più piccoli (dando però la facoltà di scegliere ai genitori), la Germania ha fatto più o meno lo stesso, mentre ci sono governi (come quello svedese) che hanno continuato a lasciare gli istituti aperti, almeno per i ragazzi fino a 16 anni. L'Italia, invece, ha scelto la linea più rigida: aule aperte soltanto per la maturità, ma un giorno e senza scritti, poi ritorno in classe a settembre a determinate condizioni. E questa sembrerebbe la strada migliore, visto che alcuni Paesi stanno facendo i conti con il ritorno del virus proprio per aver spalancato rapidamente le porte delle scuole.

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L'ESPERIENZA ISRAELIANA
E' il caso di Israele, che già tre settimane fa (dopo un rallentamento delle infezioni) aveva deciso di far ripartire le attività scolastiche in modalità “normale”. Ma la situazione si sta complicando. Ad oggi, infatti, le scuole nuovamente chiuse a causa della ripresa dei contagi sono un centinaio. E secondo il ministero della Salute, la ripresa dei contagi nel Paese è dovuta in gran parte proprio alla riapertura degli istituti. L'ondata degli ultimi giorni ha registrato 304 studenti e insegnanti positivi al coronavirus, con 13.702 altre persone messe in quarantena. A quanto scrive Times of Israel, il ministero proponeva di chiudere nuovamente tutte le scuole, ma poi si è preferito intervenire caso per caso. Chiuse per due mesi durante il lockdown, le scuole in Israele sono state gradualmente riaperte a maggio. Studenti e insegnanti devono indossare le mascherine e rispettare regole di igiene e distanziamento. Ma forse non basta.

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ESISTE UN COLLEGAMENTO SCUOLA-RIPARTENZA DEL VIRUS?
Il dibattito sulla riapertura delle scuole non si è mai fermato. Ma adesso il nodo è capire se, come sta accadendo in Israele, ci sia un possibile collegamento tra gli studenti e la ripartenza del virus. In realtà, dalle esperienze maturate fino ad ora, il rischio sembrerebbe molto basso. Almeno per quanto riguarda i più piccoli, come spiega il virologo Andrea Crisanti: «I bambini da 1 a 10 anni rappresentano la fascia di età più resistente alla malattia - spiega -  ed è difficile trovare bambini positivi; se sono positivi, lo rimangono per pochissimo tempo, un giorno massimo e non manifestano nessuna sintomatologia; nella maggior parte dei casi è molto raro trovare bambini che si ammalano». Stessa linea per Sara Gandini di Semm (School of Molecular Medicine) e Ieo (Istituto europeo di oncologia) di Milano, che passando in rassegna gli studi sul tema delle scuole  fornisce «dati rassicuranti» sulla probabilità che i bambini hanno non solo di ammalarsi per Sars-CoV-2, ma anche di contagiare coetanei e adulti. 

Ma non tutti la pensano allo stesso modo. Così Pier Luigi Lopalco, professore ordinario di Igiene e medicina preventiva all'Università di Pisa, spiega che «uno studio tedesco conferma che la carica virale nei bambini e negli adolescenti non è significativamente inferiore a quella degli adulti. Pur avendo raramente forme gravi di malattia, se s'infettano esprimono lo stesso potenziale di contagiosità degli adulti». Secondo gli autori di questo lavoro, dunque, «il coronavirus non si comporterebbe molto diversamente dai virus influenzali in cui i bambini svolgono un ruolo importante nella diffusione del contagio. Hanno raramente forme gravi di malattia, ma, se s'infettano, esprimono lo stesso potenziale di contagiosità degli adulti». Dunque, il tema scuole e contagi appare ancora un ambito da esplorare. Con molte certezze ma anche con tanti aspetti tutti da chiarire. Nel frattempo, come ha detto sempre Crisanti in una recente intervista al Messaggero «quando non si hanno informazioni complete deve prevalere il principio di precauzione»

 

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