La lettera della mamma-prof: «Un abbraccio alle maestre del post lockdown, che hanno reinventato la scuola per i nostri figli»

La lettera della mamma-prof: «Un abbraccio alle maestre del post lockdown, che hanno reinventato la scuola per i nostri figli»
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Giovedì 22 Ottobre 2020, 11:40 - Ultimo aggiornamento: 13:16

Chiara, mamma e prof, ci ha inviato questa lettera:


Ieri ho partecipato alla prima riunione di classe con le maestre di mio figlio.
Su meet.
Nessuno dei presenti ha avuto problemi di connessione e, alle 17.00, eravamo tutti davanti allo schermo, chi da casa, chi dall’ufficio.
Ascoltavamo quasi estasiati queste due donne di esperienza che descrivevano i primi giorni di prima elementare dei nostri piccoletti. Erano commosse.
Raccontavano di una scuola che non ha nulla a che vedere con quella che c’era qualche mese fa e che abbiamo conosciuto, per vie traverse e diverse, anche noi genitori tempo addietro.
Ma durante questo racconto nostalgico, non hanno mai smesso di rasserenarci e sorridere sottolineando l’enorme capacità di adattamento e il grande senso di responsabilità dei nostri figli che traggono il bello da qualsiasi esperienza.
Tra l’altro, ripetevano, non avendo mai vissuto la scuola “tra i banchi”, gli scolaretti delle prime classi non hanno nemmeno paragoni da fare con un trascorso che, per loro, non c’è. La stessa aula della scuola dell’infanzia, per chi l’ha frequentata, è infatti aula “di spazi”: quello della lettura, quello morbido, quello dei travestimenti, etc. Per i nostri figli, quindi, quella che vivono è la normalità della scuola primaria. E la loro gioia e la loro allegria riempiono i vuoti burocratici di un mondo variegato e complesso.
Le avrei volute abbracciare.
Sentivo “il peso” di questo nostalgico racconto sicuramente veritiero: i bambini, contenitori di positività, e le maestre, coraggiose e impavide nonostante la fatica e l’amarezza di svolgere un lavoro stravolto e distante da come lo hanno sempre fatto e lo vorrebbero fare.
Sono cambiate tante cose quest’anno per tutti ma soprattutto per i docenti. I mutamenti repentini cui sono stati sottoposti lavorativamente credo infatti non abbiano eguali. Quasi.
Già durante il periodo di lockdown, dall’oggi al domani, hanno reinventato il loro mestiere.
Se molti professionisti, appartenenti ai più svariati settori, utilizzavano e utilizzano il pc o gli strumenti tecnologici quotidianamente per far “fatturare” l’azienda, ai maestri e alle maestre era sempre servita soltanto una borsa carica di libri e astucci con penne, matite, forbici, cartoncini o colori per far “guadagnare” il mondo: in cultura.
Eccetto infatti i docenti e gli alunni più fortunati che avevano ed hanno la Lim in aula (Lavagna Interattiva Multimediale), un gessetto era sempre stata la bacchetta magica per fare crescere e apprendere gli studenti!
Sicuramente molti insegnanti un po’ di materiale in casa lo avevano pure (c’è sempre un cassetto o un armadio dedicato alla scuola nell’appartamento di un docente!) ma la chiusura è stata così repentina e immediata che il necessario (che non è un pc!) è rimasto in classe ed è iniziata la maratona contro il tempo per reperire schede, giochi, letture, etc. su internet e aggiornarsi alla velocità della luce aggiustando il tiro ad ogni nuova pubblicazione di linee guida.
A settembre o giù di lì poi, i lavoratori sono rientrati. Molti negli uffici o nelle postazioni in cui, cambiando le abitudini di igiene e arieggiando bene dove possibile, hanno ritrovato sedie, tavoli, scrivanie, appendiabiti o oggetti utili al lavoro. Quando non il solito fornetto per scaldare le vivande.
A scuola invece il materiale per l’attività didattica quotidiana dei docenti è finito in scatoloni stipati e depositati in improvvisati ripostigli. In aula, infatti, durante l’estate, si è provveduto a sgombrare il più possibile: librerie, scaffali, armadi, appendiabiti.
Metro alla mano, bisognava fare spazio per ottenere il distanziamento tra “rime buccali” o per non inciampare sugli zaini dei ragazzi pieni a tappo, accostati o appesi alla sedia di ogni alunno; bisognava allargare quello in corridoio per appendere sacchetti di plastica singoli dove riporre separatamente i copri abiti degli studenti, etc.
In classe, senza mobili e per ragioni di protocollo, non si può più lasciar nulla e i bambini fanno avanti e indietro con kg sulle spalle: necessari e utili.
La mensa? Non è più ricreazione o svago. Momento in cui conoscere o salutare gli alunni della sezione C, B o X mentre le maestre fanno il punto con le colleghe della stessa interclasse o del plesso. Come quando in azienda ci si prende un caffè davanti alla macchinetta. No. Nella sala mensa entra solo una classe e ingurgita tutto velocemente affinché l’ambiente venga sanificato e sia pronto ad accogliere un’altra sezione. Forse le quinte mangiano alle 14. Chissà. I milanesi con orari siculi. Fantastico! L’idea mi fa sorridere!
E la palestra o il cortile? Magari si useranno appena li sistemano. I lavori procedono da anni e non sono stati ancora ultimati. «Ma si riesce comunque a farli muovere», ripetevano le maestre: genitori state sereni. «I vostri figli sono bravissimi e il parco è a un metro da scuola: probabilmente lo sfrutteremo».
Per gli insegnanti, insomma, è stata una rivoluzione. Prima e dopo. Ma ieri le maestre sorridevano.
E lo hanno fatto, a detta dei genitori che ci hanno preceduto, anche in Dad durante il lockdown. Nonostante il peso, altrettanto grande, di avere come alunni i ragazzi di quinta che concludevano “a distanza” un percorso importante. Quei ragazzi sì che la scuola di una volta l’avevano conosciuta! Le maestre quindi avevano da sostenere anche il fardello «emotivo» degli alunni. E lo avevano fatto. Egregiamente.
Insomma, ieri io ho incontrato le insegnanti di mio figlio. Ma so che sono iniziate le riunioni con i genitori in quasi tutte le scuole del primo ciclo: bisogna eleggere i rappresentanti di classe.
Quindi anche altri genitori incontreranno docenti e professori. Un esercito di uomini e donne che rappresenta, oggi più di ieri, l’avamposto della nostra cultura e il baluardo del buon umore. Nonostante tutto.


Grazie.


Chiara Amico

 

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