Batterio killer, il virologo Palù: «Colpa della resistenza agli antibiotici, nel 2050 ucciderà più del cancro»

Batterio killer, il virologo Palù: «Colpa della resistenza agli antibiotici, nel 2050 ucciderà più del cancro»
Batterio killer, il virologo Palù: «Colpa della resistenza agli antibiotici, nel 2050 ucciderà più del cancro»
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Mercoledì 2 Settembre 2020, 17:10 - Ultimo aggiornamento: 17:14

Quattro bambini morti per un batterio killer trovato nei rubinetti dell'acqua: un patogeno presente «nell'intestino e nell'ambiente, normalmente innocuo che, però, può trasformarsi in killer». Il virologo Giorgio Palù, professore emerito di microbiologia e virologia all'università di Padova, nel parlare del citrobacter al centro del caso della Terapia intensiva dell'ospedale della Donna e del Bambino di Borgo Trento a Verona, è convinto che le colpe siano da ricercare altrove, in particolare nella resistenza agli antibiotici.

«Parliamo di un germe che appartiene alla grande famiglia degli enterobatteri - spiega all'Adnkronos Salute Palù, precisando di non poter entrare nel merito della vicenda specifica, al vaglio della magistratura - Solitamente lo incontriamo, senza ammalarci, nell'ambiente. Può dare anche infezioni ma, in genere, è considerato un germe opportunista», cioè che in condizioni particolari si 'incattivisce'. «Nei bambini, nei neonati, negli immunodepressi o in caso di manovre invasive può diventare pericoloso. Può dare infezioni intestinali, alle vie urinarie. Purtroppo nei bambini può dare anche meningiti con forme gravi», aggiunge Palù.

Il guaio è che «questo germe è spesso resistente a molti antibiotici. Fa parte di quell'insieme di batteri multiresistenti ai farmaci che, se si sviluppano in ambienti ospedalieri, sono pericolosissimi. Ed è la resistenza ai farmaci il problema dei problemi: si stima che nel 2050 le infezioni prodotte da microrganismi multiresistenti causeranno più morti del cancro ogni anno. Questo è un problema che l'umanità dovrà affrontare più delle pandemie». «Oggi come microbiologi - spiega ancora Palù - abbiamo a disposizione la diagnosi, non solo sul paziente ma anche quella ambientale, e la sorveglianza epidemiologica attenta
».

«In generale possiamo fare un parallelo con quanto è avvenuto con la Covid: non è solo un problema di tipo clinico assistenziale ma di sanità pubblica, che va combattuto con la prevenzione e la diagnosi sul territorio». Mentre la sorveglianza deve essere alta «negli ambienti dove c'è più rischio, dove ci sono persone fragili», aggiunge Palù. Per quanto riguarda le contaminazioni ambientali, in particolare in ospedale ma non solo, « vanno monitorati gli ambienti, dall'acqua agli strumenti medici o le pitture di pareti e arredi, dove possono annidarsi muffe. E prendere i provvedimenti adeguati», conclude Palù. 

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