Elezioni Quirinale, da Letta a Salvini a Berlusconi: i leader (quasi) tutti sconfitti

di Mario Ajello
Domenica 30 Gennaio 2022, 00:30 - Ultimo aggiornamento: 8 Maggio, 10:18 | 2 Minuti di Lettura

Letta. Il Pd frammentato lo ha costretto al gioco di rimessa

Un partito troppo diviso per condurlo con sguardo sicuro e con mano ferma verso una soluzione. La debolezza di Enrico Letta più che per caratteristiche intrinseche al personaggio, che non è e non s’è mai rivelato un abile navigatore di Palazzo e parrebbe meglio ambientarsi nelle scuole di politica e nell’ateneo parigino dove ha spostato il suo immaginario verso posizioni più radicali di quelle da cui proveniva da giovane democristiano, è stata causata dall’estrema frammentazione correntizia del Pd. Franceschini e franceschiniani da una parte, non disposti all’opzione Draghi ossia a quella cara al segretario ma moderatamente vissuta per non spaccare ancora di più il partito; sinistra e giovani turchi da un’altra parte, tra mattarellismo e carta Amato; Base riformista a sua volta divisa al proprio interno e insomma un guazzabuglio. Letta ha sbandato quando il gioco è entrato nel vivo (aperto a tutte le opzioni, senza concentrarsi su quella a cui apporre il suo marchio da leader), ha sbagliato i tempi dell’ingresso in partita (per troppo tempo ha ripetuto: «Del Colle parleremo al momento opportuno, senza preparare veramente una linea») e ha insistito nell’alleanza rossogialla con Conte senza accorgersi di alcune evidenze: l’isolamento di “Giuseppi” nel movimento e i suoi flirt con Salvini (vedi il lancio della Belloni). Letta è stato portato in extremis su Mattarella, più follower che conducente.

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