Il disagio dei ragazzi della periferia pugliese in un libro. «Avevo battuto la droga, sono stato condannato e ora sono depresso». Due racconti in anteprima

di Giuseppe ANDRIANI
Domenica 26 Marzo 2023, 14:55 - Ultimo aggiornamento: 14:56 | 3 Minuti di Lettura

«Ero rinato, poi l'accusa E ha vinto la depressione»

(Questo racconto è tratto dall'ebook Fare, Parlare, Crescere)

Durante l'inverno del 2022 mi ero appena ripreso da una tossicodipendenza da cannabis, avevo ripreso a frequentare le ragazze, amici dell'infanzia. Ed ero riuscito anche a recuperare Il rapporto con i miei genitori. Tutte persone con cui inevitabilmente avevo perso i rapporti per colpa della mia dipendenza. Avevo persino iniziato ad approcciarmi al mondo universitario, cosa impensabile fino a qualche mese prima. Ma, esattamente il 26 novembre, tornando a casa entusiasta del colloquio andato bene con un docente universitario - finalmente ero riuscito a scegliere il percorso di studi giusto per la mia strada - notai nella cassetta della posta una raccomandata a mio nome. Ero appena riuscito a riprendere in mano la mia vita (...), ma non avevo ancora fatto i conti con la legge. Quella raccomandata era stata spedita dal comando dei carabinieri di via Tanzi a Bari. Mi accusavano di favoreggiamento allo spaccio per un presunto reato commesso 5 anni prima quando ero ancora un bambino. La notifica si concludeva con un invito a presentarmi in tribunale per il processo. In quel momento, dopo aver letto la notifica, mi tremavano le mani: provavo a cercare e a darmi una spiegazione, ma alla fine l'unica colpa a me imputabile è che ero un drogato Non avrei mai pensato di spacciare nella mia vita o commettere altri reati. (...) Contattai subito un avvocato cercando di spiegare la mia innocenza: lui credette subito alla mia versione dei fatti, ma mi consigliò ugualmente di chiedere al giudice la messa alla prova; disse che alla fine ero solo un minore all'epoca e il giudice non avrebbe esitato a concedermela. In quel momento persi tutte le mie certezze. Di notte facevo solo incubi, sognavo di essere in una cella con altri detenuti pronti a farmi del male quel mese che mi separava dal processo mi sembrò un'eternità. Decisi di seguire il consiglio del mio avvocato (...).
Si concluse il processo, venni condannato a nove mesi di messa alla prova, mi venne assegnata un'assistente sociale e la mia vita si stravolse. Mi trovarono un lavoro che mi impegnava per cinque giorni a settimana e per altri tre facevo volontariato mi hanno reso impossibile coltivare le mie nuove passioni, dovetti abbandonare il pensiero di iscrivermi all'università, mi allontanai dai miei amici da poco ritrovati: non volevano passare del 24 tempo con un "criminale". Per non parlare dei miei genitori dopo anni mio padre aveva ripreso a sorridermi, mia madre mi guardava con una luce diversa, fiera di suo figlio che finalmente aveva capito che il mondo reale non erano le canne. Inutile dirvi che dopo il processo ho visto svanire tutto questoe la cosa peggiore è stata vedere la delusione negli occhi dei miei genitori che si erano illusi che il figlio potesse avere una vita normale. Non sono riuscito a sopportare tutto questo e sono caduto in depressione. (...) Mi alzavo la mattina senza voglia di vivere, cosa impensabile per un ragazzo di ventidue anni. Purtroppo questa storia non ha un lieto fine la giustizia mi ha rovinato la vita con percorso che loro chiamano rieducativo, ma che in realtà è solo punitivo.

M.A.

© RIPRODUZIONE RISERVATA