Sesso orale, gli uomini rischiano il cancro più delle donne. "Casi moltiplicati"

Sesso orale, gli uomini rischiano il cancro più delle donne. "Casi moltiplicati"
Sesso orale, gli uomini rischiano il cancro più delle donne. "Casi moltiplicati"
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Martedì 24 Ottobre 2017, 12:19 - Ultimo aggiornamento: 12:44
Una brutta notizia per gli uomini: il sesso orale, soprattutto se effettuato con più partner e combinato con gli effetti del fumo, può causare una grave e rara forma di cancro, quello orofaringeo. Lo rivela uno studio condotto da alcuni accademici dell'università di Baltimora (Stati Uniti) e pubblicato sulla rivista scientifica 'Annals of Oncology'. A parlarne anche iflscience.com.
 


Secondo i medici e i ricercatori, infatti, negli ultimi 20 anni i casi di cancro orofaringeo si sarebbero moltiplicati e avrebbero coinvolto per la stragrande maggioranza gli uomini. La diffusione di questa malattia è in costante crescita e per questo i medici invitano a non sottovalutarla. C'è però una variabile insolita che emerge dai dati pubblicati dallo studio. I ricercatori la illustrano così: «L'infezione orale che può causare il papilloma virus umano (Hpv) riguarda principalmente gli uomini, ma colpisce soprattutto chi fuma e chi ha praticato sesso orale a più di cinque partner nel corso della vita».
 


Lo studio ha coinvolto oltre 13mila persone di età compresa tra i 20 e i 69 anni, che si sono sottoposte al test per l'infezione dell'Hpv. I risultati sono fin troppo indicativi: tra chi aveva fatto sesso orale con un solo partner i casi di infezione erano pari all'1.5%, ma la percentuale saliva al 4 per chi aveva avuto fino a quattro partner e arrivava al 7.4% tra chi aveva fatto sesso orale con più di cinque persone. L'effetto combinato del fumo, tuttavia, faceva letteralmente impennare queste percentuali, fino ad un 15% di casi tra chi oltre al vizio delle sigarette aveva praticato sesso orale con più di cinque partner diversi.
 


«Al momento non esistono dei test accurati al 100% per individuare il cancro orofaringeo» - spiega la dottoressa Carole Fakhry, tra gli autori dello studio - «Si tratta di una forma molto rara e non possiamo affermare con certezza che l'infezione generi automaticamente il cancro, ma questa è la strada da percorrere per avere degli screening adeguati anche per questa tipologia».
 
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