Padova, studentessa contrae l'Hiv mentre prepara la tesi in laboratorio: ora chiede un maxi risarcimento a due università

Studentessa contrae l'Hiv mentre prepara la tesi in laboratorio: ora chiede un maxi risarcimento a due università
Studentessa contrae l'Hiv mentre prepara la tesi in laboratorio: ora chiede un maxi risarcimento a due università
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Martedì 17 Dicembre 2019, 19:01
Una ex studentessa ha scoperto di aver contratto l'Hiv probabilmente nel laboratorio dove stava effettuando degli esperimenti per la tesi di laurea: ora chiede giustizia. La ragazza, poi laureatasi in un'Università del Veneto, stava lavorando per un ateneo italiano e uno straniero quando, facendo delle analisi per donare il sangue, ha scoperto di aver preso l'Aids e le è crollato il mondo addosso. L'episodio risale a 7 anni fa. Ora - riporta il sito del Corriere della Sera - ha fatto causa a entrambi gli atenei, quello italiano di partenza e quello ospitante, chiedendo al Tribunale di Padova (competente per l'ateneo italiano) un risarcimento milionario.

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Un episodio, ha raccontato lei stessa, che le ha distrutto la vita. Ora la donna, assistita dall'avvocato Antonio Serpetti, del foro di Milano, si è sostanzialmente costruita una vita «parallela», nascondendo la sua condizione alla maggior parte delle persone con cui entra in contatto. Stando alla sequenza genetica della perizia di parte, il virus che l'ha colpita non circola tra la popolazione, ma corrisponde a quelli costruiti in laboratorio. Quindi il contagio potrebbe essere avvenuto proprio durante l'attività di ricerca. La vicenda giudiziaria è nelle fasi preliminari, anche se i giudici hanno già fissato la prima udienza; per l'avvocato Serpetti l'Hiv da laboratorio «è curabile ma con più difficoltà, perché i farmaci disponibili sono stati sviluppati sui virus circolanti»

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L'AVVOCATO: «È UN VIRUS DI LABORATORIO»​
«La studentessa si trovava in un laboratorio per compiere degli esperimenti che coinvolgevano appunto due università - spiega all'Adnkronos il legale della ex studentessa, l'avvocato Antonio Serpetti - e si è trovata ad utilizzare alcune parti inattivate di virus Hiv, che, secondo la tesi sostenuta dai nostri esperti virologi, si sono ricombinate trasformandosi in infettanti, determinando il contagio della ragazza»«Voglio sottolineare che siamo nella fase iniziale dell'iter, quindi le nostre valutazioni, seppur di altissimo livello, dato che le analisi sono state effettuate la laboratori molto prestigiosi, - continua Serpetti - sono pur sempre valutazioni di parte. Ora spetta al giudice nominare un perito che effettuerà ulteriori valutazioni e quindi potrebbero ipoteticamente anche determinare un'impostazione diversa».

«È molto importante per me e per la mia assistita e anche per la controparte far presente che in questo momento non c'è nessuna verità processuale - sottolinea ancora Serpetti - c'è un'ipotesi molto forte, c'è una tesi, sostenuta a mio avviso da una documentazione inoppugnabile, che è al vaglio dell'autorità giudiziaria. Mi aspetto una risposta dal Tribunale di Padova, area competente, nel giro di qualche mese, direi per l'anno venturo».

«Sono profondamente convinto, per gli elementi scientifici raccolti, che il virus che ha colpito Federica non è un virus che circola tra la popolazione - spiega ancora Serpetti - è un virus di laboratorio, dato che la struttura genetica, a quanto ci risulta, è appunto di natura laboratoristica. Non può averlo contratto in altro modo se non in laboratorio, perché non è possibile trovarlo fuori da esso. La ragazza lavorava su particelle virali parziali, con materiale genetico parcellizzato quindi non doveva essere infettante». «Cosa è accaduto? Saranno le indagini a fare luce sulla vicenda. Sta di fatto che la mia cliente si è infettata - ha concluso - ed è profondamente provata e sofferente, anche se sono passati 5 anni dalla scoperta. La sua vita è stata stravolta».
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