Cosa sta succedendo al sistema di controllo dell'epidemia? «Semplice: si sta sbriciolando sotto il peso dei numeri ed è finito fuori controllo. Con 9-10 mila casi al giorno, la sorveglianza non puoi più farla perché non hai la capacità di testare tutti i soggetti a rischio. Per affrontare un carico del genere servirebbero risorse gigantesche per tamponi, reagenti e struttura. Bisognava contenere il contagio sotto quota duemila. Ci siamo riusciti per un pò, dopodiché la prima linea di difesa è saltata e il sistema è crollato». Parola di Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di Medicina molecolare dell'Università di Padova, sentito dal 'Corriere della Sera'.
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«Dobbiamo cercare di riportare il contagio a un livello sostenibile, in modo che il sistema di controllo torni a essere efficace». In concreto? «Prima applicherei con gradualità misure di restrizione accettabili dal punto di vista economico, con una politica aggressiva di identificazione dei focolai e zone rosse. E poi farei un reset della situazione per due-tre settimane, una sorta di pausa di sospensione, non chiamiamolo lockdown che spaventa, implementando limitazioni di movimento alla gente e alle attività. E, una volta portata la curva a un punto di sopportazione, ripartirei con la sorveglianza attiva». Bisognerebbe intervenire «quando i casi non sono troppi. Mi spiego: un conto è partire da 10 mila contagi al giorno e altra cosa sono 50 mila, che sarebbe disastroso.
«Credo che supereremo presto quota 15 mila. Fra una decina di giorni vedremo quale sarà l'effetto delle misure prese dal governo e si capirà», prevede l'esperto, secondo il quale «non abbiamo imparato bene la lezione della prima ondata, quando eravamo riusciti a riportare i contagi a zero. Non sono stati fatti i necessari investimenti in sorveglianza e prevenzione, l'unico sistema possibile per bloccare i focolai. Quando abbiamo riaperto scuole e attività non c'è stato un parallelo aumento della capacità di fare test, l'unica cosa che ci avrebbe difeso. In ogni caso, non è giusto dare la colpa al solo comportamento degli italiani; che sono vittime di quello che sta accadendo».
All'estero non va meglio. «Già, ma noi avevamo un paio di mesi di vantaggio rispetto a loro. C'era l'occasione di rimanere bassi e non l'abbiamo sfruttata». Quanto al coprifuoco, «prima del reset ci può stare». Quando si entrerà in una fase calante del virus? «Calerà quando ci sarà il vaccino o una terapia efficace. Se però non si trova la prossima estate rischia di essere più difficile di quella passata che aveva beneficiato del lungo lockdown. Non farei molto affidamento - conclude - sul caldo e sul secco della stagione, come insegna Israele».