Leucemia, l'impresa di Andrea Cappadozzi: sconfigge la malattia e scala il vulcano più alto del mondo

«Nel 2016 la malattia ma la mia voglia di raggiungere il sogno è stata più forte»

Sconfigge la leucemia e scala il vulcano più alto del mondo, l'impresa di Andrea Cappadozzi
Sconfigge la leucemia e scala il vulcano più alto del mondo, l'impresa di ​Andrea Cappadozzi
di Emiliano Papillo
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Sabato 4 Febbraio 2023, 01:01 - Ultimo aggiornamento: 6 Febbraio, 08:24

Vince la leucemia e scala il vulcano più alto del mondo. L’impresa che ha dell’incredibile vede protagonista un ciociaro, Andrea Cappadozzi, 55enne nativo di Patrica e residente a Castro Dei Volsci, sposato e padre di due figli. Insieme all’amico medico Christian Ghini di Roma è arrivato sulla cima dell’Ojos del Salado nelle Andre, al confine tra Argentina e Cile. Hanno raggiunto insieme 6891 metri percorsi in 11 ore. Un record. Per Andrea era il terzo tentativo di scalata dell’Ojos. 

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«La prima volta che tentai la scalata al vulcano più alto del mondo era il 2016. Ci provai ma andò male. Ebbi problemi di salute seri che non mi lasciavano l’energia giusta per portare a termine il mio sogno e non lo sapevo. Tornato in Ciociaria feci dei controlli. Il 1° luglio dello stesso anno, al Policlinico di Roma una dottoressa diagnosticò una rara forma di leucemia.

Una mazzata. Per me che ormai da oltre venti anni andavo in montagna, un incubo. Appena uscii dalla visita dissi il responso ai miei familiari, moglie e parenti. Caddero nella disperazione. Io, invece, provai a farmi forza chiedendo alla dottoressa se sarei potuto tornare a scalare le montagne. Mi rispose di sì. Dissi tra me e me che per raggiungere il mio sogno avrei dovuto metterci ancora più forza e coraggio».

LA REAZIONE

Un mese dopo iniziò la chemioterapia. «È stata dura ma poco dopo ho iniziato a camminare, allenarmi ed andare in bici. Inizialmente duecento metri, poi, quattrocento, ottocento tutti i giorni fino a riuscire ad arrivare agli oltre 1000 metri del Monte Cacume il 10 ottobre 2016. Era già un grande obiettivo. Mi sentivo guarito». Il legame di Andrea con la montagna è qualcosa che affonda le radici indietro nel tempo. «Devo tutto a mio zio - racconta - circa 30 anni fa per lavoro (fa il commercialista, ndr) andai in Val Gardena dove sono rimasto 12 anni. Mio zio svolgeva la mansione di gestore di un rifugio a Passo Sella, sui Quattro Passi. Abitando lì, non potevo fare altro che interessarmi alla montagna e tutte le domeniche andavo a fare scalate. Una passione, un hobby che è diventato un vero amore. Tornato in Ciociaria, ho continuato ad andare in montagna e fare scalate. Mi sono iscritto a un club di scalatori, il Club Appennino ed in 5 anni ho scalato la bellezza di 271 vette. Una grandissima soddisfazione. Ma restava il sogno dell’Ojos del Salado. Ci ho riprovato nel 2020 ma anche questa volta, a causa di varie vicissitudini, non ce l’ho fatta». 

Ma il sogno era solo rimandato. «Circa un anno fa - ricorda Andrea - con il mio amico Christian Ghini, ho ripreso gli allenamenti in modo duro per raggiungere l’obiettivo. 

PASTA AL TONNO

Con la tenda, pochi viveri, siamo partiti per la nuova avventura. È durata 18 giorni e la scalata fino ai 6891 metri è stata di 11 ore. Cosa abbiamo mangiato? Per la prima volta abbiamo deciso di portare la pasta che siamo riusciti a mangiare con tonno e con cipolle, pomodori, aglio. Poi fagioli neri, tanta frutta e zuccheri. Serve una giusta alimentazione, tanti sali minerali, gli zuccheri sono fondamentali. Serve poi bere almeno quattro litri di acqua al giorno. Confesso che siamo arrivati in vetta mangiando il Cacio di Morolo. Alimentazione e tanto allenamento sono i segreti per raggiungere questi traguardi». 

L’impresa vuol essere un messaggio, soprattutto per i giovani che si trovano ad affrontare brutte malattie. «La vera medicina per combattere i mali è quella di inseguire i propri sogni - conclude Andrea - la tanta volontà e l’amore per quello che ci piace ci può far sconfiggere tanti mali. Non bisogna abbattersi mai. Prossimi obiettivi? Mio figlio mi ha chiesto di portarlo sul Kiljmangiaro, vedremo. Il raggiungimento del mio sogno lo dedico ai miei figli e mia moglie Tiziana Pagliaroli che mi hanno dato grande forza». 

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