Covid, No vax morto dopo aver rifiutato le cure: «Non voglio finire lessato nell'inferno dell'intensiva»

Covid, No vax morto dopo aver rifiutato le cure: «Non voglio finire lessato nell'inferno dell'intensiva»
Covid, No vax morto dopo aver rifiutato le cure: «Non voglio finire lessato nell'inferno dell'intensiva»
di Mauro Favaro
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Sabato 15 Gennaio 2022, 08:24 - Ultimo aggiornamento: 12:16

«Ce la farò lo stesso a guarire da questo virus, non voglio finire “lessato” nell’inferno della Terapia intensiva». Ha rifiutato le cure per l’infezione da Coronavirus. Ed è morto nel giro di pochi giorni. I medici avevano fatto tutto il possibile per convincere il 60enne No-vax che era stato ricoverato nel Covid Hospital di Vittorio Veneto. Ogni tentativo, però, si è infranto contro le sue posizioni negazioniste. Nonostante i problemi respiratori, il paziente ha detto di no al trasferimento in Terapia intensiva e alla possibilità di essere intubato. Fino a quando la situazione non è precipitata. «È molto frustrante veder mancare persone che avremmo potuto salvare: oggi le cure sono possibili – spiega Alberto Grassetto, 46 anni, direttore dell’unità di Anestesia e rianimazione di Vittorio Veneto – purtroppo una parte dei pazienti fantastica in modo errato sull’attività all’interno della Terapia intensiva». E non è stato l’unico caso. Nelle ultime settimane anche un altro 60enne colpito dal coronavirus ha rifiutato le cure in ospedale. Ma fortunatamente non è arrivato al punto di non ritorno.

Dottor Grassetto, dovete confrontarvi con numerosi casi del genere?

«Ci sono più pazienti che mostrano questo approccio. Per fortuna, poi, la maggior parte si convince. Ma alcuni seguono una linea talebana che rifiuta qualsiasi compromesso. In questa ultima ondata del Covid abbiamo registrato due rifiuti categorici. E purtroppo uno di questi due pazienti è deceduto». Come vi comportate in queste situazioni? «È necessario fare tutti gli sforzi possibili per informare i pazienti al meglio. È importante accettare le loro decisioni. Allo stesso tempo, però, non si può solo prendere atto del rifiuto. Dobbiamo fare in modo che la scelta sia il più possibile consapevole. Viene coinvolta la famiglia, e anche il servizio di Psichiatria. Pure davanti alla conferma del rifiuto, comunque, il paziente non viene mai abbandonato: cerchiamo fino all’ultimo di portarlo verso la strada corretta».

Da dove nasce una convinzione tanto profonda da arrivare a rifiutare le cure?

«Il 30% degli italiani crede che i vaccini anti-Covid siano sperimentali e che i pazienti vengano usati come cavie. E il 6% della popolazione è convinto che il Coronavirus non esista. Oggi negli ospedali registriamo una grande concentrazione di pazienti che hanno questa visione».

Cosa vi dicono per spiegare il rifiuto?

«C’è chi pensa di potercela fare da solo. E ne teniamo conto, dato che ha un riflesso anche a livello clinico. E poi c’è chi pensa che la Terapia intensiva sia una sorta di infermo dal quale non si può uscire. Ovviamente non è così. La paura di essere intubati è ingiustificata». Quanto pesa la diffusione delle fake-news sull’epidemia? «Molto. La penetrazione delle teorie complottistiche mina la fiducia nella scienza. L’energia necessaria per confutare le sciocchezze è maggiore di quella necessaria per produrle. Da qui si può capire la portata degli sforzi che è necessario fare per screditare teorie senza alcun fondamento».

Quanti pazienti avete ricoverato nella Terapia intensiva Covid di Vittorio Veneto?

«Fino allo scorso maggio, erano stati 120. Con una mortalità del 40%, in linea con la media regionale. Mentre in questa ondata, fino ad ora, abbiamo ricoverato 38 pazienti: solo uno di loro aveva fatto tutte e tre le dosi. Con un’età media di 62 anni». 

 

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