Roma, il cuore della ricerca: dal Gemelli all'Umberto I, le eccellenze che ci invidiano

Roma, il cuore della ricerca: le eccellenze che ci invidiano
Roma, il cuore della ricerca: le eccellenze che ci invidiano
di Carla Massi
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Venerdì 21 Maggio 2021, 07:20 - Ultimo aggiornamento: 07:33

Immaginiamo quattro premi Nobel che parlano sulla scalinata dell'Istituto superiore di sanità a Roma. Sono davanti al grande portone di via Regina Elena 299. Discutono prima di entrare e raggiungere i loro laboratori. Immaginiamo Enrico Fermi Nobel per la Fisica nel 1938, Ernst Boris Chain per la Medicina nel 1945, Daniel Bovet per la Medicina nel 1957 e Rita Levi Montalcini sempre per la Medicina nel 1986.
In tempi diversi e su materie diverse hanno, tutti e quattro, lavorato qui all'Istituto. Nel nostro principale ente di ricerca per la salute pubblica nato nel 1934.

Tumori, una ricerca dell'ospedale Bambino Gesù di Roma e dell'Università di Tor Vergata individua cause e terapie

In quelle stanze si continua a studiare. Dalle infezioni all'ambiente, dalle dipendenze all'agricoltura, dalle vaccinazioni agli alimenti, dalla farmacologia all'andamento delle patologie, dalla carta per calcolare il rischio cardiovascolare alle malattie rare. Come si studia e si fa ricerca in tanti altri laboratori della città. Ma Roma, per una sorta di incomprensibile pudore, ne parla poco di questo suo fiore all'occhiello.
Eppure, basta leggere nei siti dedicati alle pubblicazioni scientifiche per trovare i risultati.

Basta varcare i confini del nostro Paese per scoprire che i centri di eccellenza romani sono ben conosciuti e apprezzati. Strano destino quello della ricerca nella Capitale.

LE STANZE
Basta fare una passeggiata in un quartiere della città, non lontano da San Lorenzo, per trovare un'alta concentrazione di cervelli. Abbiamo l'Istituto superiore di sanità, l'Università La Sapienza con il Policlinico Umberto I, il Centro nazionale per le ricerche e, fino alla fine degli anni Novanta, il Regina Elena (oncologico) poi spostato oltre l'Eur insieme ad un'altra eccellenza, il San Gallicano.

Nell'ultimo anno è mezzo proprio le stanze dell'Istituto sono diventate la centrale operativa per il monitoraggio e lo studio del Covid-19. Da quando è iniziata la pandemia sono stati avviati cinquanta progetti di ricerca traslazionale (quella che può arrivare direttamente al letto del paziente) sulla nuova infezione. I dati convergono da tutta Italia, e dopo attenta analisi, arriva a noi un allarme o una rassicurazione. Non dimentichiamo l'Istituto Spallanzani dove è stato sequenziato il virus nei primi mesi dello scorso anno.
Una prima volta al mondo può vantarla il Policlinico Sant'Andrea. Qui, a marzo scorso, è stato eseguito un trapianto totale di trachea in un paziente post Covid che aveva l'organo distrutto dalla malattia e dalle terapie. L'intervento è perfettamente riuscito. L'uomo, 50 anni, fa sapere di essere già andato a fare un giro in bicicletta e di star bene. La trachea è stata sostituita da un frammento di aorta, mantenuto aperto da un cilindro di silicone.

I ricercatori dell'Istituto Tumori Regina Elena e del Gruppo Eurofins Genoma, hanno all'attivo uno studio mirato alla diagnosi precoce: è stato dimostrato che la biopsia liquida potrebbe davvero rappresentare un punto di svolta per la diagnosi precoce dei tumori del colon-retto. Il lavoro, pubblicato su Journal of Experimental & Clinical Cancer Research Ciliberto ha rivelato, in pazienti con tumore del colon retto, minuscole quantità di Dna libero circolante, rilasciato nel sangue dal tumore. Quantità anche 500 volte minori di quelle che si riscontrano in pazienti con tumori avanzati. Il Dna tumorale circolante può essere rilevato fin dal giorno dell'operazione chirurgica grazie alla biopsia liquida, con una combinazione di metodiche ultrasensibili non ancora impiegata nella diagnostica di routine.

Una collaborazione tra Fondazione Santa Lucia (centro di neuroriabilitazione ospedaliera e ricerca nelle neuroscienze) con l'Imperial College di Londra, l'Ospedale Casilino e Università di Roma Tor Vergata ha messo a punto il primo sistema non invasivo al mondo per correlare i movimenti dei neonati con l'attività dei neuroni motori del midollo spinale. Si tratta di una cavigliera con 128 sensori che si fa indossare ai bambini appena nati, soprattutto i prematuri. Un modo per verificare precocemente eventuali danni neurologici monitorando l'attività elettrica dei muscoli.

LA TERAPIA
I laboratori dell'ospedale pediatrico Bambino Gesù a San Paolo fuori le mura (oltre 5.000 metri quadrati) sono popolati da 500 ricercatori. Novecento i progetti. Uno in particolare fa sì che quel centro sia diventato in pochi anni un riferimento della letteratura scientifica internazionale per gli studi di genomica dedicati ai pazienti rari e ultra-rari orfani di diagnosi. Lo scopo è quello di trasferire alla pratica clinica le potenzialità delle nuove tecnologie di sequenziamento del genoma umano che sono in grado di individuare le singole mutazioni che causano la malattia. Quelle ricerche, cioè, che difficilmente vengono intraprese proprio perché i pazienti sono pochi. Anche se molto malati. Il programma di genomica ha permesso di identificare circa 50 nuovi geni-malattia e di caratterizzare o riclassificare alcune dozzine di nuove malattie. Quarantamila analisi genetiche solo nell'ultimo anno. Dal 2016 è aperto un ambulatorio dedicato ai pazienti rari senza diagnosi.
È di marzo scorso la pubblicazione su Newsweek, storico magazine americano, della sua indagine World's Best Hospitals 2021 con Statista Inc sul migliore ospedale italiano. Al primo posto c'è la Fondazione Policlinico Universitario Gemelli Istituto di ricerca. La classifica di Newsweek ha preso in esame 2.000 ospedali di venticinque nazioni. Per la valutazione si tiene conto dell'eccellenza delle cure erogate, dalla presenza di medici di fama, dello staff infermieristico e dell'offerta di tecnologie all'avanguardia.
Ecco Roma nascosta in un laboratorio.

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