Omicron, l'università di Washington: «I vaccini Johnson&Johnson, Sputnik e Sinopharm non efficaci con la variante sudafricana»

Allo studio la riduzione a tre mesi dell'intervallo fra seconda dose e booster

Omicron, l'università di Washington: «I vaccini Johnson&Johnson, Sputnik e Sinopharm non efficaci con la variante sudafricana»
Omicron, l'università di Washington: «I vaccini Johnson&Johnson, Sputnik e Sinopharm non efficaci con la variante sudafricana»
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Venerdì 17 Dicembre 2021, 14:47 - Ultimo aggiornamento: 18 Dicembre, 17:33

Omicron, la variante del Covid individuata in Sudafrica, sembra non fronteggiabile con i vaccini Johnson&Johnson, Sinopharm, il più usato in Cina, e Sputnik (Russia, usato anche a pharn) che producono pochissimi o nessun anticorpo.  Lo ha rilevato uno studio diffuso da Bloomberg. Ricercatori dell'Università di Washington e della Humabs Biomed Sa, casa farmaceutica svizzera, hanno testato l'efficacia di sei vaccini contro la nuova variante altamente infettiva. 

Tre vaccini poco efficaci con la variante Omicron

E' così risultato che solo tre persone su 13 dopo due dosi di Sinopharm hanno mostrato anticorpi neutralizzanti contro l'omicron.

Per J&J solo una su 12. E nessuna, fra le 11 che avevano completato il ciclo vaccinale con Sputnik, aveva sviluppato anticorpi utili per lottare contro la variante Omicron.

Lo studio, che deve ancora essere sottoposto a revisione da parte di terzi, ha anche evidenziato che gli anticorpi protettivi resistono di più in chi ha avuto il Covid e si è poi sottoposto alla doppia dose di Pfizer. In queste persone gli anticorpi sono diminuiti in misura di gran lunga minore (5 contro 44 volte) rispetto a chi ha ricevuto due dosi di Pfizer senza essere stato  contagiato. 

La scarsa forza contro la variante Omicron, contagiosa 70 volte di più rispetto al virus originale (ma con effetti sinora lievi o non riscontrabili) e rintracciata fino ad oggi in 77 paesi, spinge i governi ad inasprire le limitazioni nel tentativo di rallentare i contagi e di salvaguardare la salute dei cittadini e l'economia.

 

I risultati della ricerca dell'università di Washington si affiancano a quelli dei test che vedono in calo progressivo gli anticorpi anche in chi ha completato il doppio ciclo di vaccinazioni con Pfizer-BioNTechModerna e AstraZeneca. Da qui l'esigenza di accorciare sempre di più l'intervallo fra la seconda dose e la terza, quella detta booster: si potrebbe arrivare a 3 mesi di distanza continuando inoltre a cercare abbinamenti fra vaccini più utili per fronteggiare la variante Omicron.

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