L'ipotesi di poter effettuare il richiamo con un vaccino diverso rispetto a quello della prima inoculazione diventa più concreta. Partirà infatti all'Ospedale Spallanzani di Roma una sperimentazione sulla seconda dose di vaccino anti-Covid, dopo la prima con AstraZeneca (AZ), utilizzando altri vaccini tra cui lo Sputnik. Ad annunciarlo il direttore sanitario Francesco Vaia e l'assessore regionale alla Sanità Alessio D'Amato. Dopo i casi rari di trombosi segnalati a seguito della vaccinazione con questo vaccino, infatti, già alcuni paesi europei hanno preso una decisione in tal senso. Come la Francia, che ha deciso di non somministrare la seconda dose AZ alle persone con meno di 55 anni, che riceveranno quindi un vaccino diverso.
AstraZeneca, ragazza di 26 anni ricoverata a Milano: «Trombosi». Due settimane fa il vaccino
Seicento volontari
Nella sperimentazione ai nastri di partenza in Italia saranno 600 i volontari che dopo la prima dose con AZ avranno la seconda con Pfizer, Moderna e i due diversi vaccini a piattaforma virale con adenovirus di Sputnik.
Tesi non smentita
«Chiederemo al direttore del Gamaleya di mandarci subito le dosi di Sputnik», ha aggiunto. Mentre l'assessore D'Amato ha spiegato: «Siamo pronti a partire già dalla prossima settimana, previo ok dell'Aifa». Inoltre, l'ipotesi di dover mischiare i diversi vaccini anti Covid, specie laddove si rendessero necessari richiami ulteriori oltre la seconda dose con versioni aggiornate tarate in modo più specifico sulle varianti del virus, non è da escludere anche secondo uno dei maggiori specialisti britannici, il professor Jeremy Brown, immunologo all'University College di Londra e membro dell'organismo scientifico indipendente che assiste il governo di Boris Johnson in materia di campagna vaccinale.
Rispetto al vaccino AstraZeneca, diverso è invece il parere del presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli, secondo il quale «al momento non ci sono elementi per non considerare la somministrazione di AstraZeneca in chi ha ricevuto la prima dose di questo vaccino». Ed il dibattito su un possibile richiamo si estende pure al vaccino di Johnson & Johnson indicato come monodose: «Non metterei troppo accento sul fatto che J&J sia un vaccino monodose. Al momento è stato studiato come vaccino di cui si dà una singola dose e sappiamo che dà una protezione 14 giorni dopo la somministrazione, ma potrebbe benissimo essere che serva un richiamo in seguito», ha affermato Armando Genazzani, Membro del Committee for Medicinal Products for Human Use dell'Agenzia Europea dei Medicinali (Ema). Ci sono degli studi che «lo stanno valutando. Intanto però - ha precisato - possiamo cominciare a vaccinare».
Johnson & Johnson, trombosi e stop Usa: l'analisi dell'immunologo