«Anticorpi monoclonali possono prevenire morti e ricoveri», due studi ne provano l'efficacia contro il Covid

«Anticorpi monoclonali possono prevenire morti e ricoveri», due studi ne provano l'efficacia contro il Covid
«Anticorpi monoclonali possono prevenire morti e ricoveri», due studi ne provano l'efficacia contro il Covid
di Riccardo De Palo
5 Minuti di Lettura
Lunedì 15 Marzo 2021, 12:55 - Ultimo aggiornamento: 19:27

Contro il Covid le armi potenziali sono tre: vaccini, farmaci antivirali e anticorpi monoclonali. Mentre i primi sono a buon punto, e nel mondo sono in corso le campagne di vaccinazione, i secondi sono ancora in fase di sperimentazione. Quanto a questi ultimi, si stanno compiendo molti passi avanti: due studi clinici stanno provando che specifiche terapie a base di anticorpi monoclonali (ovvero anticorpi modificati in laboratorio e addestrati a “colpire” un certo tipo di agente patogeno) possono prevenire morti e ricoveri tra i pazienti con sintomi leggeri o moderati di Covid-19, specialmente se a rischio di sviluppare la forma grave della malattia.

Monoclonali, via alle cure nel Lazio: le prescriveranno i medici di base

Gli studi

Uno di questi studi, informa “Nature”, riguarda un anticorpo contro il coronavirus sviluppato da un’azienda di San Francisco, la Vir Biotechnology, e dalla GSK di Londra, di cui è stato chiesto l’utilizzo d’emergenza.

Il suo uso ha ridotto il rischio di ricoveri ospedalieri tra i partecipanti dell’85%. In un altro studio clinico, un cocktail di due anticorpi, bamlanivimab e etesevimab, entrambi prodotti dalla Eli Lilly di Indianapolis, ha ridotto il rischio di ricoveri e morte dell’87%. 

Gli studi, annunciati entrambi lo scorso 10 marzo, sono stati condotti scrupolosamente: sono il prodotto di studi clinici randomizzati, a doppio cieco e controllati con placebo, ma non sono ancora stati pubblicati. Si aggiungono a un sempre più consistente dossier di prove sull’efficacia di questi trattamenti, specialmente se somministrati nelle prime fasi della malattia. Derek Angus, medico anestesista dell’Università di Pittsburgh, in Pennsylvania, ha detto a “Nature” di essere “molto eccitato da questi risultati”, e che gli anticorpi “sembrano essere incredibilmente efficaci”.

Come sappiamo, la risposta immunitaria si basa sulla produzione endogena (cioè naturale) di diversi anticorpi, alcuni dei quali sono capaci di impedire al virus di replicarsi. Sin dai primi giorni della pandemia, i ricercatori hanno cominciato a identificare quelli più efficaci contro il Sars-CoV-2 e hanno cercato di riprodurli in laboratorio. I risultanti anticorpi monoclonali sono stati testati in diversi studi clinici.

Covid, Eli Lilly: «Con anticorpi monoclonali - 87% ricoveri e decessi. Efficaci anche su varianti»

Gli anticorpi sviluppati da Vir e GSK - denominati VIR-7831 - sono stati isolati per la prima volta nel 2003, in un paziente affetto da SARS, che è una malattia causata da un coronovirus molto simile a quello che causa il Covid, e che usa la stessa tecnica della proteina “spike” per replicarsi.  Bene. Negli studi di laboratorio, è risultato efficace anche nelle tristemente note varianti, del Covid, inclusa la più subdola (perché meno vulnerabile ai vaccini e molto contagiosa), quella sudafricana (denominata B.1351). Questo risultato sarebbe dovuto al fatto che l’anticorpo colpisce una particolare porzione della proteina spike che non ha il “vizio” di accumulare mutazioni.

Hal Barron, direttore scientifico e presidente R&D di GSK ha dichiarato in un comunicato: «Siamo lieti che questo anticorpo monoclonale unico sia stato in grado di portare un beneficio così grande ai pazienti. Attendiamo con impazienza la possibilità di rendere VIR-7831 disponibile ai pazienti il ​​prima possibile e di esplorarne ulteriormente il potenziale in altri contesti».

L’anticorpo non è ancora stato adottato nelle terapie cliniche perché lo studio deve ancora essere verificato con il metodo del peer-review, e quindi pubblicato sulle riviste scientifiche. La terapia è inoltre molto costosa e deve essere somministrata per infusione in ospedale o in un centro specializzato. 

Un altro problema, sottolinea Nature, è il messaggio che è passato in un primo momento nella comunità scientifica, quando i primi risultati non hanno mostrato particolari benefici nei pazienti già ricoverati con infezione da Sars-CoV.-2. Questo perché, come hanno dimostrato gli studi, la terapia a base di anticorpi monoclonali funziona meglio negli stadi iniziali della malattia, mentre nelle fasi avanzate è spesso lo stesso sistema immunitario a innescare una risposta “esagerata” che risulta purtroppo a volte mortale.

Servono inoltre nuovi studi, per arrivare a conclusioni definitive, anche riguardo all’efficacia nel trattare le infezioni lievi, ha detto al giornale scientifico Saye Khoo, farmacologo dell’Università di Liverpool. Per Jens Lundgren, virologo dell’Università di Copenaghen, “non si tratta di una alternativa al vaccino, è piuttosto un piano B”, che potrebbe risultare utile in quei soggetti che non producono una risposta immunitaria dopo l’inoculazione.

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA