I vaccini sono efficaci «al 97% nel prevenire i ricoveri in terapia intensiva»: lo studio olandese

I vaccini sono efficaci «al 97% per prevenire i ricoveri in terapia intensiva»: lo studio olandese
I vaccini sono efficaci «al 97% per prevenire i ricoveri in terapia intensiva»: lo studio olandese
di Claudia Guasco
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Martedì 21 Settembre 2021, 10:34

Grazie ai vaccini, segnala la fondazione Gimbe, i ricoveri per Covid riguardano quasi esclusivamente pazienti non immunizzati. L’ultimo rapporto (settimana dall’8 al 14 settembre) evidenzia che nei soggetti vaccinati con ciclo completo, rispetto ai non vaccinati, si verifica un netto calo dell’incidenza di diagnosi e soprattutto di malattia severa che porta a ospedalizzazione, ricovero in terapia intensiva o decesso. Nelle varie fasce di età le diagnosi di SARS-CoV-2 si riducono infatti del 77,8-80,7%, i ricoveri ordinari dell’88,8-95,6%, quelli in terapia intensiva del 92,5-97,4% e i decessi del 93,4-100%. A corroborare i risultati sul campo arriva ora uno studio olandese che mostra come i sieri anti Covid siano efficaci al 97% nel prevenire i ricoveri in terapia intensiva.

PRESSIONE SUI SISTEMI SANITARI

L’analisi condotta dai ricercatori dell’Università di Amsterdam e del National institute for public health and the environment (Rivm) nei Paesi Bassi diffusa da medRxiv - che pubblica rapporti scientifici preliminari - rileva come la vaccinazione completa abbia evitato circa il 95% dei potenziali ricoveri in ospedale già quando la variante Alfa e Delta erano ampiamente in circolazione.

I vaccini sono inoltre efficaci al 97% nel prevenire il ricovero in terapia intensiva.

«Tra la popolazione non vaccinata l’incidenza di ricoveri Covid e ricoveri in terapia intensiva è elevata. Questo, considerato il consistente numero di cittadini non immunizzati, potrebbe portare nei prossimi mesi a uno sforzo significativo per l’assistenza sanitaria. Un ulteriore aumento della copertura vaccinale è fondamentale per ridurre il carico sull’assistenza sanitaria», è la conclusione del team riportata dal sito News medical life scinces. Con l’aumento dei casi innescati dalla variante Delta, i risultati della ricerca «rafforzano la necessità di estendere le vaccinazioni per prevenire una grave infezione da Covid».

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I NUMERI

Dal 4 aprile 2021 al 29 agosto 2021 gli scienziati hanno monitorato 15.571 persone ricoverate in ospedale per infezione da coronavirus. Nei Paesi Bassi la mutazione Alfa è stata dominante dal 4 aprile 2021 al 29 maggio 2021. Poi si è diffusa la variante Delta, circolata dal 4 luglio 2021 al 29 agosto 2021, alla fine del periodo di studio. I ricercatori hanno considerato un persona completamente vaccinata quattordici giorni dopo la seconda dose o ventotto giorni dopo la prima dose di Johnson & Johnson. Oppure parzialmente vaccinata quattordici giorni dopo la prima dose. In totale solo il 5,7% dei partecipanti allo studio era completamente vaccinato, circa il 7,1% lo era parzialmente e l’87,2% non era immunizzato, mentre 7.406 pazienti sui 13.574 complessivamente non vaccinati sono stati immunizzati dopo il ricovero.

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La maggior parte delle ospedalizzazioni, dicono i dati, ha riguardato pazienti non vaccinati e la conclusione degli esperti è che la probabilità di essere ricoverati è minore tra i pazienti vaccinati rispetto a quelli non vaccinati. Per chi aveva ricevuto due dosi l’efficacia del vaccino contro l’ospedalizzazione era del 94% quando Alfa era la variante dominante, salita al 95% con la diffusione della Delta. Risultati simili sono stati osservati in terapia intensiva, dove i pazienti costituivano la maggioranza. Per i completamente vaccinati i sieri si sono rivelati efficaci al 93% per prevenire i ricoveri in terapia intensiva con la variante Alfa e al 97% contro la Delta. Solo una piccola parte dei partecipanti allo studio è stata completamente vaccinata, rendendo difficile valutare in che modo il tipo di vaccino ne abbia influenzato.

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VARIABILI

I ricercatori che hanno raccolto dati segnalano però di non avere tenuto conto delle eventuali comorbidità dei pazienti-campione. Problemi di salute preesistenti aumentano infatti il rischio di sviluppare un’infezione grave e potrebbe anche spiegare la bassa efficacia del vaccino di Spikevax, poiché è stato somministrato in gruppi ad alta priorità. I pazienti della ricerca, inoltre, non erano entrati in ospedale per infezione da Covid ma per altri problemi e in seguito sono risultati positivi. Variabili che, assicurano i ricercatori, non mettono comunque in discussione i risultati dello studio sull’efficacia dei sieri. Se il 7,3% dei pazienti fosse classificato erroneamente come non vaccinato, spiegano, le stime sull’efficacia del vaccino potrebbero essere ridotte dell’1-2%.

 

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