Un italiano su dieci vorrebbe andare dallo psicologo, ma è costretto a rinunciarvi per motivi economici. Questo il verdetto di un'indagine condotta su un campione della popolazione italiana dall'Istituto Piepoli, per conto del Consiglio nazionale dell'Ordine degli Psicologi (Cnop).
La buona notizia è che, per il 58% degli intervistati, la pandemia ha cambiato il rapporto delle persone con i problemi psicologici: rispetto a un anno fa si è più propensi a chiedere aiuto (26%) e si parla dei disagi con meno vergogna (20%). Quasi uno su cinque (17%), infatti, si è già rivolto a un esperto, con una percentuale in aumento del 25% nella popolazione più giovane (18 - 35 anni).
Ma si tratta comunque di una magra consolazione: rispetto al 2022 il 26% della popolazione (in egual misura tra uomini e donne) avverte un declino del proprio benessere mentale, mentre solo per l'11% è migliorato.
Più di 8 italliani su 10, inoltre, chiedono l'introduzione di uno specialista in tutte le scuole del Paese. Quasi tutti (l'89%) sono concordi nel ritenere l'assistenza psicologica come un diritto pubblico, da rendere quindi accessibile a tutti, in modo gratuito, attraverso il Servizio sanitario nazionale.
Parla il presidente del Cnop: «Mancati interventi? Un peso per tutto il paese»
«L'indagine conferma il cambiamento socioculturale rispetto ai problemi psicologici. Sempre più si chiede la stessa dignità della salute fisica, sia nella prevenzione che nella cura - commenta il presidente del Cnop, David Lazzari - Ma emerge anche un forte ritardo nel garantire l'assistenza pubblica. I costi umani ed economici dei mancati interventi sono un peso grande, che paga tutto il Paese».
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