Italia, infermiere di quartiere e rianimazioni raddoppiate

Italia, infermiere di quartiere e rianimazioni raddoppiate
Italia, infermiere di quartiere e rianimazioni raddoppiate
di Mauro Evangelisti
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Venerdì 15 Maggio 2020, 00:45 - Ultimo aggiornamento: 15:19

Posti di terapia intensiva raddoppiati, investimenti sull’assistenza a domicilio e sull’infermiere di quartiere, realizzazione di una rete di Covid-Hospital, 190 milioni di euro per gli straordinari e le indennità del personale ospedaliero che in questi mesi si è battuto in prima linea. Dal dl Rilancio arrivano 3,2 miliardi di euro per la sanità: l’Italia si prepara a una lunga battaglia con il coronavirus; a febbraio non eravamo pronti e oggi contiamo oltre 30mila morti, ma non bisognerà però farsi trovare impreparati in autunno, soprattutto se ci sarà una seconda ondata. Ecco allora che si investe su respiratori e posti di terapia intensiva, quelli che nei giorni più drammatici sono risultati insufficienti: solo i pazienti di Covid in fin di vita erano 4.000 e, in alcuni casi, i medici hanno temuto di dover scegliere chi salvare.

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Cosa prevedono gli investimenti decisi dal governo? Spiegano al Ministero della Salute: diventeranno stabili i 3.500 posti in più in terapia intensiva che erano stati allestiti nell’emergenza. «Si passa da un numero di 5.179 (prima del coronavirus) a 8.679, con un incremento del 70 per cento. A questi si aggiunge la predisposizione alla terapia intensiva, con la sola implementazione di ventilazione meccanica e monitoraggio, di 2.112 posti letto di terapia semintensiva». Infine, se servirà, ci saranno 300 posti letto di terapia intensiva mobili, suddivisi in 4 strutture movimentabili, pronte per essere allestite in breve tempo nelle zone ad accresciuto fabbisogno. «Questo porta la disponibilità di terapie intensive a 11.091 posti letto di terapia intensiva, più 115 per cento rispetto alla disponibilità in pre-emergenza». Un altro nodo è quello dei Covid-Hospital, strutture destinate solo a pazienti infetti: alcune regioni li hanno già istituiti, l’obiettivo è portarli in tutto il Paese per evitare, come è successo nel corso dell’emergenza, che gli ospedali diventino moltiplicatori dell’epidemia se non c’è una separazione dei pazienti. Saranno anche acquistate ambulanze-Covid e ristrutturati i pronto soccorso. Complessivamente, l’investimento sulle strutture ospedaliere vale quasi un miliardo e mezzo.

Un altro dei punti deboli del sistema, soprattutto nei primi giorni dell’epidemia, è stata la scarsa presenza della “sanità di territorio”, quanto meno in alcune regioni: i pazienti finivano tutti in ospedale, non venivano assistiti a casa per tempo. Di qui la decisione di riservare a questo settore oltre 1,2 miliardi di euro. Ecco, ad esempio, l’infermiere di quartiere. Di cosa si tratta? «Sono 9.600 nuovi infermieri, 8 ogni 50mila abitanti, anche a supporto delle Unità speciali di continuità assistenziale (Usca). Per le nuove assunzioni sono stati stanziati 332.640.000 euro».

«Si aumenta anche, con 10 milioni di euro, la disponibilità del personale infermieristico a supporto degli studi di medicina generale, per fronteggiare l’emergenza». Ma cosa sono le Usca? Sono dei gruppi che operano sul territorio, formati da medici e infermieri, con il compito di andare, ad esempio, nelle Rsa (residenza sanitarie assistite) ma anche nelle case. Proprio per l’assistenza domiciliare «di pazienti al di sopra dei 65 anni di età passerà dagli attuali 610.741 assistiti, pari al 4 per cento della popolazione over 65, a 923.500 unità, pari al 6,7. Raddoppiati anche i servizi per la popolazione al di sotto dei 65 anni». Ci saranno il monitoraggio domiciliare grazie a una app, più assistenti sociali e strutture sul territorio per l’isolamento. Infine, mezzo miliardo di euro è destinato ad assunzioni, formazione e incentivi al personale.

Spiega il ministro della Salute, Roberto Speranza, in un video messaggio su Facebook, ricordando che negli ultimi cinque mesi in sanità sono stati investiti in totale 8,8 miliardi: «Prepariamo i nostri ospedali e i nostri servizi di emergenza-urgenza a gestire un’eventuale seconda ondata di Covid-19. Dobbiamo essere pronti, perché gli scienziati ci dicono che un’eventuale seconda ondata non si può escludere. Abbiamo deciso di confermare più posti per le terapie intensive, lavoreremo con le Regioni perché si sia rapidi e pronti prima dell’autunno. Questi posti rimarranno per sempre, anche quando ci sarà un vaccino per il coronavirus, e renderanno il nostro servizio sanitario nazionale e il nostro Paese più forti».
 

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