Virus, l'epidemiologo Lopalco: «Vaccino, 118 prototipi. Oxford, Usa e Cina in testa»

Virus, l'epidemiologo Lopalco: «118 prototipi vaccino. Oxford, Usa e Cina in testa»
Virus, l'epidemiologo Lopalco: «118 prototipi vaccino. Oxford, Usa e Cina in testa»
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Martedì 19 Maggio 2020, 11:12 - Ultimo aggiornamento: 14:02

La corsa ai vaccini contro il virus che ha messo in ginocchio il mondo è ancora ai primi giri di pista. «Nel momento in cui scrivo ben 118 prototipi di vaccino sono in fase di sperimentazione, anche se fra questi solo 8 hanno già raggiunto la fase della sperimentazione sull'uomo. Comunque un record, visto che per arrivare alla sperimentazione umana un prototipo di vaccino ci mette solitamente dai 5 agli 8 anni». A fare il punto è l'epidemiologo Pier Luigi Lopalco con un editoriale pubblicato sul sito 'MedicalFacts.it', il sito fondato da Roberto Burioni. Secondo Lopalco le ricerche portate avanti «da Oxford, dagli Usa e dalla Cina sono in vantaggio su tutti, ma con tre metodi diversi». «Nel caso del Covid-19 la ricerca si è avvantaggiata del fatto che numerose piattaforme sperimentali erano state avviate già ai tempi della Sars. Poi quel virus era sparito (o così si pensava) e quei progetti erano stati messi in un cassetto», precisa Lopalco.


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 I vaccini in sviluppo sono di diverso tipo. «Alcuni utilizzano vecchie tecnologie, sono cioè costituiti da virus inattivati (tipo il vaccino Salk contro la poliomielite), o vivi ma attenuati (come il vaccino contro il morbillo): insomma - osserva l'epidemiologo dell'Università di Pisa -vecchie conoscenze della vaccinologia. Molti gruppi di ricerca, invece, hanno seguito strade decisamente innovative, che le moderne tecnologie di biologia molecolare ormai permettono». «Una strada è rappresentata da vaccini a base di Dna o Rna - spiega Lopalco - Il principio si basa sulla possibilità che, una volta iniettato, una porzione selezionata di materiale genetico derivato dal virus inneschi la produzione da parte delle cellule del soggetto vaccinato della proteina di superficie del virus (la famosa proteina 'spikè). In pratica, l'antigene vaccinale - appunto la proteina spike - anziché essere iniettato dall'esterno, viene prodotto dalle stesse cellule del soggetto vaccinato, che diventano per un breve periodo vere e proprie fabbriche di vaccino. Questa proteina, una volta in contatto con le cellule del sistema immunitario, stimolerà la produzione di anticorpi specifici contro il Sars-CoV-2, che quindi conferiranno protezione in caso di futuro incontro con il virus. Ben tre prototipi di vaccino basati su questo concetto sono oggi in sperimentazione sull'uomo.

Un'altra strada, sempre basata su tecnologie molto avanzate, utilizza vettori virali. «Si tratta di adenovirus - virus che normalmente provocano malattie simili al raffreddore - modificati in maniera da essere incapaci di replicarsi nell'uomo. Si comportano dunque - analizza Lopalco - come vettori passivi, che però sono in grado di esprimere la proteina spike del coronavirus e quindi stimolare la produzione di anticorpi specifici da parte del vaccinato». «Fra i vaccini di cui si è parlato di più nelle ultime settimane vi è quello sviluppato dall'Università di Oxford, in collaborazione con un gruppo di ricerca italiano, che è basato appunto su un vettore virale non replicante - ricorda l'epidemiologo - C'è poi quello sviluppato negli Stati Uniti da una azienda di biotecnologie con il supporto dell'Istituto Nazionale per le malattie infettive e allergiche americano, che è invece basato su un prototipo a Rna. Non a caso la biotech che ha sviluppato l'idea si chiama Moderna. Intanto i ricercatori cinesi, seguendo una strada percorsa fin dagli albori della vaccinologia, cioè quella dei virus inattivati, hanno ben tre vaccini abbastanza promettenti in fase 1 e 2 di sviluppo. Una bella gara: che vinca il migliore». 



 

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