Medicina di genere, Flavia Franconi: donne più fragili dopo un intervento, anche per il lavoro in casa

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di Flavia Franconi*
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Giovedì 8 Aprile 2021, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 12 Maggio, 14:48

La medicina di genere studia le differenze e le somiglianze biologiche fra uomini e donne, ancora poco studiate, che però devono essere accuratamente valutate se vogliamo una medicina basata sull’evidenza per le donne, investigando gli aspetti psicologici, sociali, economici, culturali, religiosi, economici, etici. Si considera quindi la persona che vive in uno specifico ambiente, comprese le esperienze passate (incluse quelle della vita prenatale) e presenti che caratterizzano la sua vita. Pertanto la medicina di genere non è come taluni credono la medicina delle donne, ma è la medicina della persona nella sua totalità sia essa donna, uomo o LGTB, caucasico, africano, o asiatico. In altre parole, la medicina di genere pone la persona al centro per arrivare ad una tutela della salute ed a una cura veramente personalizzata. Infatti, accanto alle discipline biomolecolari utilizza anche un’altra disciplina la personomics, che studia la persona Finora la “normalità” per la medicina è stata l’uomo caucasico di 70 Kg di peso, mentre nella donna si studiava prevalentemente se non esclusivamente l’apparato riproduttivo (Bikini Medicine). Con la conseguenza che si aveva una prevenzione, una cura ed una riabilitazione basata su dati ottenuti dall’uomo. L’esclusione delle donne dipende in parte dalle nostre radici culturali. Non a caso Aristotele e Galeno sostenevano che la femmina è un maschio incompleto, debole e inferiore. In parte, l’esclusione delle donne trova giustificazione anche nella complessità della loro vita (ciclo mestruale, gravidanza, allattamento, menopausa): in altre parole si studia il corpo maschile perché è più facile. Conseguentemente, le raccomandazioni, le linee guida, i trattamenti derivano da dati ottenuti prevalentemente da uomini e applicati a tutte le persone. I determinanti sociali della salute (stato sociale, livello di istruzione, genere) sono stati scarsamente considerati. Eppure è noto da anni che un basso livello economico e sociale, una bassa istruzione portano ad una cattiva salute. Bisogna considerare che la povertà prevale nelle donne rispetto agli uomini e tale situazione è nettamente peggiorata nel corso di questa drammatica pandemia.

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La vita delle donne è caratterizzata da una gran mole di lavoro dedicato alla casa e alla cura dei figli, dei genitori, un impegno maggiore di quello degli uomini. Ovviamente ciò ha pesanti ripercussioni sull’occupazione e sulla salute delle donne. A tale proposito, alcuni dati canadesi evidenziano come dopo interventi di cardiochirurgia le donne hanno esiti peggiori rispetto agli uomini poiché appena ritornano casa riprendono le loro mansioni di cura, mentre gli uomini trovano chi si prende cura di loro. Il ruolo di care-giver altera anche la risposta ad alcuni vaccini, riducendola. Il basso livello sociale e d’istruzione, essere disoccupati, svolgere il ruolo di care-giver ed essere donna influenzano l’accesso al sistema sanitario anche se universalistico come quello italiano. Ovviamente, ciò s’interconnette col luogo di residenza. Infatti, le donne che vivono al sud sono più povere, meno istruite e più disoccupate. Queste considerazioni evidenziano come la salute dipende da numerosi fattori che vanno oltre il corpo ma grandemente impattano su di esso in maniera genere dipendente. L’applicazione della medicina di genere è il modo per superare alcune diseguaglianze che persistono nella prevenzione e nella cura, e per arrivare a una reale medicina personalizzata. La sua applicazione non è solamente una questione sanitaria, ma richiede un’integrazione molto stretta con il campo del sociale per ridurre il divario salariale, il tempo dedicato alla cura. Lo scopo ultimo della medicina di genere è dunque quello di arrivare alla auspicata umanizzazione della medicina, a una prevenzione e a una cura equa, personalizzata in una interpretazione olistica. Nella ferma convinzione che la riduzione delle diseguaglianze può produrre anche benefici economici riducendo i costi sanitari e sociali, le giornate di lavoro perse, aumentando gli introiti fiscali, mentre la personalizzazione permetterà una maggiore appropriatezza della prevenzione e della cura. Perciò il G20women, per la prima volta, ha nominato la Commissione Equity in Health, che ho l’onore di coordinare, che sta lavorando per presentare proposte ai governi del G20 sotto la presidenza italiana.

*Farmacologa e coordinatrice della commissione Equity in Health del G20W

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