Difficoltà espressive nel bambino, il disegno aiuta a uscire dal silenzio. Ecco come

Lo Squassapenacchi nelle illustrazioni contenute nel volume "Accendipensieri" edito da Rizzoli
Lo Squassapenacchi nelle illustrazioni contenute nel volume "Accendipensieri" edito da Rizzoli
di Valentina Venturi
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Giovedì 8 Aprile 2021, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 12 Maggio, 14:48

Un disegno per liberare la fantasia, favoleggiare un desiderio o esternare la propria difficoltà espressiva. Ci sono infiniti modi per un bambino in età scolare e prescolare per manifestare se stesso. Pennarelli e matite possono essere uno strumento espressivo fondamentale che li aiuta a comprendere il mondo che hanno intorno, a dargli forma e anche un nome, e a tirare fuori il mondo che hanno dentro. I disegni dicono tanto, anche quando restano a metà. Anzi proprio la difficoltà di portarli a termine potrebbe essere una richiesta d’aiuto di bambini con dislessia o con disturbi del linguaggio (DSL), difficoltà che insorgono in età prescolare dai 2 ai 6 anni. Si tratta di ostacoli del neuro-sviluppo che riguardano la capacità di leggere, scrivere e calcolare in modo corretto e fluente e si manifestano con l’inizio della scolarizzazione. Come il miope che mette gli occhiali perché non vede da lontano e risolve il problema, così il dislessico che non riesce a leggere il testo che ha davanti se gli viene proposto un sistema compensativo impara e comprende tutto. «Il disegno è importantissimo», precisa la dottoressa Carla Sogos, neuropsichiatra infantile al Policlinico Universitario Umberto I di Roma.

«Un bambino per imparare a scrivere deve prima aver disegnato. Personalmente porto avanti una crociata personale contro i telefonini: a cominciare dai sei o otto mesi in avanti, per non disturbare i genitori i bambini vengono fatti mangiare con davanti un video. In questo modo perdono la capacità di fare ciò che facevano da sempre: disegnare. Il disegno è un’attività banale ma se non lo sanno fare, potrebbe essere messa a rischio la loro capacità di scrittura». Quando dal nido si arriva alla scuola primaria, saper scarabocchiare le case, le persone o gli animali significa creare un ponte con la realtà che delimiti lo spazio e faccia comprendere le proporzioni del mondo. «Le insegnanti della scuola primaria – prosegue la dottoressa Sogos, dirigente medico all’Istituto di neuropsichiatria infantile “Giovanni Bollea” della Sapienza, in via dei Sabelli a Roma – fanno disegnare oggetti reali per insegnarne la disposizione: il prato è in basso e il cielo è in alto. Quando cominciano a scrivere, iniziano da sinistra scrivendo grande grande e nel momento in cui si accorgono che il foglio sta finendo cominciano a rimpicciolire… I bimbi non sanno programmare, calcolare le dimensioni; le forme le imparano disegnando, organizzando gli oggetti nello spazio a disposizione».

Se si resta nell’ambito circoscritto della dislessia, bisogna tenere presente che non sempre il disegno può essere l’indicatore privilegiato dell’eventuale disturbo. Non rientra infatti tra le tecniche tradizionali d’intervento per la dislessia, ma può avere una relazione con il meccanismo di anticipazione del concetto/significato della parola che è la base dell’apprendimento della lettura.

L’APPRENDIMENTO

«Quando leggiamo – sottolinea Valentina Grimaldi, pediatra di famiglia per Roma II specializzata in psicoterapia infantile e interna alla FIP, la Federazione Italiana Medici pediatri – mentalmente anticipiamo il significato delle parole note, mentre ci soffermiamo su quelle che non conosciamo. Per questo molti bambini dislessici hanno l’ansia da prestazione, perché si rendono conto di essere in difficoltà rispetto ai coetanei. Per non cadere in quella che vedono come una trappola e per paura di fallire o evitano di mettersi in gioco, oppure si vergognano. È fondamentale invece dare loro il senso della normalità: sono bambini con la stessa intelligenza degli altri, se non maggiore. Anzi, a volte si fanno diagnosi tardive perché sono bambini particolarmente intelligenti che riescono a mimetizzare e a sopperire con strategie alternative le loro difficoltà. Non hanno carenze a livello cognitivo, i dislessici utilizzano una via diversa per decodificare la lettura. Nei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) si interviene anche attraverso un trattamento riabilitativo personalizzato: in quel caso il disegno potrebbe essere una modalità espressiva consona, o persino più opportuna». Secondo il direttore generale dell’Istituto di Ortofonologia di Roma, Federico Bianchi di Castelbianco, è comunque fondamentale verificare se i piccoli sono in grado di comprendere: «Un conto è la fantasia, un altro è l’apprendimento. Con i bambini che hanno difficoltà di apprendimento e che non danno alla parola il valore semantico, il significato, l’immagine è di aiuto. Quando il bambino non ha la capacità di dare valore lui stesso alla parola che legge non è sbagliato utilizzare pratiche conoscitive tra parola e immagini».

IL MANUALE

Senza dubbio il disegno può essere utilizzato per stimolare la fantasia, facendo scoprire nuove parole e rendendole persino percepibili. Lo sa bene Sabrina D’Alessandro, artista visiva e fondatrice dell’Ufficio Resurrezione Parole Smarrite (Urps) che con il volume “Accendipensieri” edito da Rizzoli, ha creato un manuale linguistico grazie proprio ai disegni. Il testo, una sorta di vocabolario illustrato, contiene schizzi realizzati da 71 bambini che hanno partecipato ai laboratori dell’Urps presso scuole e musei. «Il disegno è uno strumento utilissimo per aiutare i più piccoli a comprendere le parole – interviene D’Alessandro, che ha pubblicato anche “Il libro delle parole altrimenti smarrite” – Le parole che scelgo per lavorare con loro sono particolarmente visionarie, dunque più facili da rappresentare. Il bullo può chiamarsi squassapennacchi, la persona distratta è un nubìvago, quella indolente uno sbucciafatiche. Visualizzarle significa entrare in una dimensione “altra”, che mette in gioco anche la facoltà di formare immagini. Questo aspetto piace particolarmente ai bambini, soprattutto quando si tratta di inventare parole nuove. Il disegno è parte fondamentale del percorso: non basta inventare parole e definirle, occorre dare loro un’immagine che le faccia esistere, anche se solo nella fantasia. A quel punto l’invenzione è completa, e per i bambini è una grande soddisfazione». Esistono bellissime parole sepolte nelle pagine di vecchi dizionari, eppure molto utili anche per un bimbo con difficoltà a interiorizzarle. Per questa ragione, sottolinea l’autrice che da anni lavora con le scuole primarie, è affascinante comprendere che, se stimolati «alcuni bambini hanno dei guizzi sorprendenti e visualizzano subito l’idea e iniziano a disegnare, per altri basta anche solo una scintilla, uno spunto visivo che poi nell’entusiasmo tipico dei bambini immediatamente prende fuoco. Nessuno mi ha mai consegnato un foglio in bianco. La reattività dei bambini è straordinaria!».

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