Alzheimer, dai primi segnali alla prevenzione: le risposte a tutte le domande

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di Giampiero Valenza
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Giovedì 16 Settembre 2021, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 11 Novembre, 15:41

«Assisto a tempo pieno mia moglie Nora affetta da Alzheimer. È l’amore della mia vita». Sono le parole di John Lydon, meglio noto come Johnny Rotten, il leader della band icona del punk, i Sex Pistols. Che ha scelto di raccontare la sua storia nel mese, settembre, in cui il 21 si celebra la Giornata mondiale dedicata alla patologia. In occasione dell’evento l’Associazione italiana malati di Alzheimer (alzheimer-aima.it), con una rete di 15 psicologi, sarà a disposizione delle famiglie dei pazienti per tutta la giornata (9-21). I colloqui saranno gratuiti e si svolgeranno via streaming.

Le prenotazioni sono aperte: si può scrivere a aima@aimanazionale.it o chiamare la Linea Verde Alzheimer 800 679679 per prenotare. Johnny è sposato con Nora da 41 anni: «Sono diventato il suo badante a tempo pieno, non voglio che nessun altro si occupi di lei, per me è sempre qui. La persona che amo c’è sempre, ogni minuto e ogni giorno della mia vita». Ha suscitato grande emozione l’annuncio pubblico di Johnny Rotten e la descrizione delle condizioni della moglie. Abbandonata dalla memoria e dall’autonomia. Come è accaduto alle oltre seicentomila persone che, in Italia, convivono con questa malattia neurodegenerativa. La forma più comune di demenza, un termine generale che si riferisce a perdita di memoria e di altre abilità intellettuali così grave da interferire con il quotidiano. La patologia prende il nome dal neurologo tedesco Alois Alzheimer che all’inizio del 1900 ne descrisse per primo le caratteristiche. È caratterizzata da un processo degenerativo che distrugge le cellule del cervello, causando un deterioramento irreversibile delle funzioni cognitive fino a compromettere l’autonomia. Una malattia che non coinvolge solo il paziente ma l’intero nucleo familiare. Al momento la medicina ha a disposizione farmaci in grado di rallentare la progressione della malattia ma non di curarla. In diversi istituti di ricerca nel mondo si sta lavorando a un test predittivo. È recente l’annuncio di Airalzh Onlus (Associazione italiana ricerca Alzheimer) dell’approvazione in Usa di Aducanumab (Biogen Inc) un trattamento che si rivolge in modo specifico al processo degenerativo della malattia e non si limita ad aggredire i sintomi della demenza.

VERO E FALSO?

1 CON I PRIMI VUOTI DI MEMORIA BISOGNA PENSARE ALLA MALATTIA

FALSO La perdita della memoria non è sufficiente per far pensare a questa malattia. La malattia inizia in maniera subdola e insidiosa, spesso nemmeno i familiari si accorgono del suo apparire. I primi segnali sono piccoli disturbi della memoria ma devono essere associati a sintomi di tipo depressivo e ansioso.

2 DEVE PREOCCUPARE SE PARLANDO SPESSO NON SI TROVANO LE PAROLE 

VERO Possono essere molto evidenti i disturbi della parola, per cui la persona non trova le parole giuste durante il discorso e, frustrata, finisce con il non parlare più. Molti pazienti hanno soprattutto disturbi visivi e spaziali per cui non riconoscono i luoghi, a volte anche la propria casa e i volti dei familiari.

3 NON C'É LA DIAGNOSI PRECOCE BISOGNA ASPETTARE ALCUNI SEGNALI

FALSO La diagnosi è possibile anche quando si manifestano i primi sintomi.

Sono necessari alcuni esami del sangue (per escludere le malattie generali che possono influenzare le funzioni cognitive), la valutazione neuropsicologica (per fare un bilancio delle funzioni cognitive) ed esami di imaging cerebrale.

4 UN CAMBIO DI UMORE QUOTIDIANO VA TENUTO SOTTO CONTROLLO

VERO Soprattutto nelle prime due fasi, sono presenti anche agitazione, irrequietezza, aggressività, ansia, depressione, apatia, disturbi del sonno. Possono manifestarsi alterazioni del comportamento alimentare (bulimia o anoressia) e disturbi del cammino (aumento patologico dell’attività motoria).

5 É DI ORIGINE EREDITARIA: I FIGLI DEI PAZIENTI SI AMMALERANNO

FALSO Solo nel 5% dei casi ha un’origine genetica. È una forma che colpisce più frequentemente tra i 35 e i 60 anni. Non è vero che se in casa si ha un paziente quasi sicuramente ci si ammalerà. Le cause della malattia sono ancora sconosciute ma si rileva un’origine plurifattoriale collegata, dunque, a diversi fattori: genetica, ambiente e stile di vita.

6 CI SONO FARMACI CHE PERMETTONO DI RALLENTARE LA PROGRESSIONE

VERO Alcuni farmaci possono attenuare i sintomi dell’Alzheimer, ma va tenuto presente che la degenerazione della malattia non può essere bloccata. In caso di una malattia in stadio lieve o moderato gli inibitori dell’acetilcolinesterasi riescono a migliorare i deficit della memoria, l’apatia e le allucinazioni.

7 ESISTE UN TEST A CUI SOTTOPORSI PER PREVENIRE L'INSORGENZA

FALSO Al momento non esiste un test in grado di predire, in modo affidabile, la possibile futura insorgenza della patologia. In diversi istituti di ricerca si sta lavorando sulla messa a punto di un test sul sangue ma nessuno è ancora a disposizione. Non abbiamo neppure un farmaco in grado di curare il paziente.

8 GIUSTO PESO E ATTIVITA' SPORTIVA POSSONO SERVIRE DA PROTEZIONE

VERO L’attività fisica ossigena il sangue e aiuta le cellule nervose: per tenere giovani ed energici mente e corpo, praticare la corsa, la camminata veloce o la cyclette. Evitare il sovrappeso (basso consumo di grassi, carne rossa, salumi, insaccati e dolci), smettere o limitare al massimo il fumo e ridurre l’uso di alcol.

9 GLI UOMINI SONO MOLTO PIU' COLPITI DELLE DONNE

FALSO La prevalenza di questa patologia aumenta con l’età e risulta maggiore nelle donne, che presentano valori che vanno dallo 0,7% per la classe d’età 65-69 anni al 23,6% per le ultranovantenni, rispetto agli uomini i cui valori variano rispettivamente dallo 0,6% al 17,6%. Si stanno studiando le cause.

10 IL CERVELLO PUO' ESSERE ALLENATO COME LE GAMBE E LE BRACCIA

VERO Mantenere il cervello attivo e impegnato stimola la crescita delle cellule e delle connessioni nervose. È importante, come forma di prevenzione quotidiana, leggere un libro o un giornale, fare un cruciverba, giocare a carte o a scacchi, imparare a utilizzare un computer, visitare un museo. I familiari siano da stimolo alle attività culturali e di relazione.

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