Green pass, D'Amato: «Il Lazio come la Danimarca, col 90% di immuni via il certificato»

Green pass, D'Amato: «Il Lazio come la Danimarca, col 90% di immuni via il certificato»
Green pass, D'Amato: «Il Lazio come la Danimarca, col 90% di immuni via il certificato»
di Mauro Evangelisti
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Sabato 4 Settembre 2021, 22:48 - Ultimo aggiornamento: 5 Settembre, 18:39

Quando avremo vaccinato il 90 per cento della popolazione, non saranno necessarie limitazioni, chiusure e Green pass. Il modello è quello della Danimarca, che sta provando questo tipo di strategia, dobbiamo studiarlo per capire se funziona. Un tempo era il più chiusurista dei chiusuristi, ma ora che il Lazio sta superando il traguardo dell’80 per cento di immunizzati tra gli over 12, Alessio D’Amato, assessore regionale alla Sanità, prende tutti di sorpresa e predica: «Dobbiamo darci un obiettivo, una percentuale ancora più alta da raggiungere, visto che con la variante Delta gli esperti ci spiegano che servono più persone protette. Noi nel Lazio, proprio in queste ore, abbiamo superato quota 78 per cento degli over 12, ora puntiamo all’85, ci arriveremo con la doppia dose già entro la fine di questo mese. Io dico: può essere l’85, forse è meglio il 90 per cento, ma raggiunto quel traguardo allora sarà giusto seguire il modello Danimarca e tornare alla vita normale. Io sono favorevole ad un ampliamento dell’obbligo vaccinale, condivido le parole dette da Draghi su questo».

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Togliamoci subito il pensiero. Lei provocatoriamente ha detto: facciamo pagare le cure ai non vaccinati che finiscono in terapia intensiva. Ha ricevuto molte critiche.

«Ovviamente la mia era una provocazione, il Lazio cura tutti e lo fa bene.

Tenga conto che siamo al primo posto anche per l’utilizzo degli anticorpi monoclonali. Detto questo, non possiamo fare finta di non vedere che solo in agosto i non vaccinati finiti in terapia intensiva hanno fatto spendere al Paese 20 milioni di euro. Nel Lazio almeno 2 milioni. E in un anno arriviamo a 20-24 milioni, che sono i soldi che spendiamo per l’assistenza domiciliare agli anziani. Dobbiamo chiederci: avremmo potuto migliorare le cure di tutte le altre patologie se non avessimo dovuto prenderci cura dei no-vax finiti in terapia intensiva? La libertà dei singoli ha sempre un riflesso sulla responsabilità collettiva. È bene che aumenti la consapevolezza. La trasparenza è l’arma migliore».


Perché ora dice che bisogna cambiare e pensare a una strategia differente, simile a quella della Danimarca, che grazie alla vaccinazione diffusa ha anche eliminato l’uso del Green pass?
«Danimarca, Malta e Portogallo sono i Paesi europei che hanno vaccinato di più. Il Lazio ha più o meno gli abitanti della Danimarca e sta superando il traguardo dell’ottanta per cento degli immunizzati proprio come il Paese scandinavo. Loro il 15 settembre riaprono tutto e dicono addio al Green pass. Perché non possiamo farlo pure noi?».

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Aria di secessione?
«Ma no. Ovviamente si tratta di decisioni che deve prendere il governo, l’intero Paese. Non può farlo il Lazio da solo. Però il ragionamento va cominciato. Diamoci un obiettivo da raggiungere, che può essere il 90 per cento, e consentiamo alle Regioni virtuose di riavvicinarsi alla normalità. Il Green pass è uno strumento, importante, sia per limitare il contagio sia per convincere le persone a vaccinarsi. Ma una volta tagliato il traguardo, può essere abbandonato. Io guardo con molto interesse alla Danimarca, voglio vedere come andranno le cose da loro».


Come si fa a convincere chi non vuole vaccinarsi? Come Paese siamo ancora lontano dall’85-90 per cento e ci sono 3,4 milioni di over 50, dunque soggetti a rischio, che non hanno ricevuto neppure una dose.
«Per raggiungere l’obiettivo va bene sia l’estensione dell’utilizzo del Green pass sia l’obbligo per determinate categorie. Ad oggi noi come Lazio abbiamo oltre 4 milioni di cittadini con doppia dose, pari al 78 per cento popolazione over 12. Tra pochi giorni saremo alla 80. Mancano dieci punti alla soglia di sicurezza. È lo zoccolo duro che va convinto. La quota del 90 per cento è una asticella molto ambiziosa e si raggiunge solo se si affronta il problema dei 50-60enni. Ecco, analizziamo proprio i 3,4 milioni di over 50 non vaccinati: noi come Lazio abbiamo un dato più basso, di solito rappresentiamo il 10 per cento e invece da noi i non vaccinati di quella età non sono 340mila, ma 165mila ovvero la metà della media nazionale. Comunque, in Italia è un dato ancora alto. Se solo 1 su 10 finisce in ospedale parliamo di oltre 300mila persone. Ecco l’importanza dell’obbligo: serve a evitare che in autunno ci sia la pandemia dei non vaccinati».

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La terza dose

 
Il suo ragionamento rischia di avere un punto debole. Sia dall’esperienza di Israele sia dai primi segnali che arrivano dalle Rsa, si sta avvertendo un decadimento, sia pure limitato e graduale, dell’immunità offerta dai vaccini a chi ha ricevuto la doppia iniezione a gennaio e febbraio.


«Dobbiamo seguire le indicazioni degli scienziati, valutare dati consolidati e muoverci di conseguenza. Se servirà una terza dose di rinforzo la somministreremo, ormai sembra deciso. Su questo siamo pronti, così come siamo pronti a giocare una partita parallela, quella delle cure, soprattutto per coloro che non possono vaccinarsi per ragioni di salute o che, come può capitare, hanno una bassa risposta immunitaria al vaccino».


Che risultati avete ottenuto con i monoclonali?
«Abbiamo già superato quota 1.200 prescrizioni, le risposte cliniche sono molto buone».
 

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