Epatite bambini: cosa è, sintomi, cure. Maggiore (Bambino Gesù): «Nessun legame col Covid»

A sottolinearlo è il professor Giuseppe Maggiore, responsabile di Epatogastroenterologia e nutrizione del Bambino Gesù di Roma

Epatite bambini: cosa è, sintomi, cure. Maggiore (Bambino Gesù): «Nessun legame col Covid»
Epatite bambini: cosa è, sintomi, cure. Maggiore (Bambino Gesù): «Nessun legame col Covid»
di Giampiero Valenza
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Venerdì 29 Aprile 2022, 18:05 - Ultimo aggiornamento: 1 Maggio, 10:17

Un documento della Società di gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica fotografa i casi di epatite acuta con cause sconosciute in Italia: su 71 centri in Italia, il numero dei pazienti segnalati con caratteristiche eventualmente simili a quelle «dell'epatite del Regno Unito sono 20». A sottolinearlo è il professor Giuseppe Maggiore, responsabile di Epatogastroenterologia e nutrizione del Bambino Gesù di Roma. Un numero, dunque, così basso da monitorarne sì i casi, ma da non in grado di scatenare un allarme. «Questi 20 casi di un'epatite severa, senza causa conosciuta, sono sovrapponibili a quelli dell'ultimo triennio – spiega Maggiore - Ad oggi non c'è nessuna evidenza che questo fenomeno sia ancora giunto alle nostre latitudini, ma non lo escludiamo che possa accadere nelle prossime settimane».

Dei 71 centri italiani che hanno risposto allo studio, sono stati riportati 20 casi: diciotto in bimbi fino a 10 anni e due in persone con più di 10.

Tre casi sono stati positivi per Sars Cov-2, uno per adenovirus, uno per norovirus. Un bambino ha avuto bisogno del trapianto di fegato. Nel 98% dei casi i medici non hanno avuto la percezione di assistere a un incremento anomalo di casi di epatite acuta severa.

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Professor Maggiore, cos'è l'epatite acuta?

«L'epatite acuta è l'infiammazione a insorgenza estremamente rapida a livello del fegato che danneggia e distrugge una buona parte delle cellule. Il fegato ha però un vantaggio: ha una grossa capacità di rigenerarsi, un po' come un albero a cui viene tagliato un ramo ma che in breve ricrea le sue foglie, cioè le sue cellule».

Quali bambini colpisce questa forma di epatite con cause sconosciute e in quale fascia d'età?

«L'epatite grave e fulminante in età pediatrica non ha una fascia specifica. Circa un 50% dei pazienti non ha una causa nota. L'elemento particolare di questa malattia del Regno Unito è che prende i bambini nei primi cinque anni di vita».

Quali sono i sintomi?

«L'epatite acuta insorge in modo piuttosto brusco, con sintomi aspecifici che durano tra le 24 e le 36 ore con disturbi gastrointestinali, vomito, diarrea o un po' di inappetenza. Questa epatite rapidamente porta a un danno epatico importante. Il sintomo chiaro è l'ittero, la colorazione giallastra delle cute e delle mucose. La bilirubina si accumula del sangue e la persona assume una colorazione gialla».

 

Quale può essere l'origine di questa epatite?

«L'ipotesi prevalente è quella infettiva. In Regno Unito in tre pazienti su quattro è stato identificato un adenovirus. E' un elemento importante, anche se va detto che fino ad oggi è un virus che dà manifestazioni respiratorie acute, gastrointestinali e giusto a qualche epatite».

Si può escludere una interazione con il vaccino Covid?

«Sì. Se c'è una cosa di cui possiamo essere certi è che il vaccino contro il Covid non ha nessun ruolo o implicazione. Sarebbe una contraddizione in termini. I bambini in quella fascia d'età sono i meno vaccinati».

Il Covid può dare effetti?

«Alcuni bambini hanno dimostrato di avere una positività di una passata infezione Covid, superata di solito in maniera asintomatica. Ad oggi non c'è nessuna evidenza che la pregressa infezione o guarigione possa avere un ruolo. Non ci sono studi che rendono evidente un collegamento con Covid-19».

Che trattamenti ci sono?

«L'epatite è una malattia spontaneamente risolutiva. Guarisce da sola ma nei casi critici, in cui la funzione del fegato può essere compromessa, l'atteggiamento del medico è quella di dare una terapia di supporto, con fattori che tendono a favorire, per esempio, l'eliminazione delle sostanze tossiche. In caso estremo abbiamo la disponibilità di tecniche di emofiltrazione, che è una specie di dialisi che toglie tutte queste sostanze tossiche. È chiaro che sono transitorie perché ci si augura che poi il fegato riprenda la sua funzione. Per ultimo c'è il trapianto».

È la prima volta che accade un fatto del genere?

«Storicamente, ma non in queste proporzioni, una storia simile si è già ripresentata nel 1998 in Belgio, con una ventina di pazienti con queste caratteristiche e che poi si è scoperto essere legata al Parvovirus b-19. La storia finì lì, non ce ne fu più traccia. Possiamo anche immaginare che questo fenomeno si estingua spontaneamente, non sarebbe un'eccezionalità. Ma dobbiamo essere alla finestra, pronti a tutto».

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